A sessantanni dalla pubblicazione del primo rapporto Kinsey sono in molti a ritenerlo una faccenda ormai superata. Ma quanti di noi conoscono la storia del dottor Kinsey e le conclusioni cui giunse attraverso i suoi studi?
Si dice infatti che Alfred Kinsey, autore dell’omonimo rapporto, abbia avuto il merito di affrontare argomenti fino ad allora considerati tabù e smentire un gran numero di luoghi comuni sulla sessualità costringendo l’america puritana ed omofoba del tempo a guardare in faccia un lato di sè nascosto e, forse, temuto.
Omosessualità, bisessualità, comportamento sessuale, sesso fuori dal matrimonio, masturbazione erano tutte parole non contemplate nel casto vocabolario del tempo, appena bisbigliate nell’oscurità. Kinsey, per la prima volta, le disse invece a gran voce facendone oggetto di uno studio scientifico e affermando addirittura che esse rientravano nella normalità.
Chi era Alfred kinsey?
Alfred kinsey era un biologo che svolse negli anni quaranta un’imponente inchiesta statitistica sulla vita sessuale degli americani. Inchiesta dalla quale furono tratti due volumi passati alla storia come primo e secondo rapporto Kinsey: il primo “Il comportamento sessuale nel maschio umano” fu pubblicato nel 1948, il secondo: “Il comportamento sessuale nella femmina umana” è del 1953. I rapporti erano fondati su 18mila interviste, oltre 7mila delle quali svolte personalmente dallo stesso Kinsey.
Kinsey, noto fino agli anni ’40 come biologo (era un esperto entomologo e genetista), cominciò ad interessarsi di sessualità nel 1938 quando fu invitato a coordinare un corso sul matrimonio da un’associazione studentesca femminile. Fu così che cominciò a condurre le sue ricerche, che suscitarono tanto scalpore da costringerlo a fare una scelta fra la sua brillante carriera di biologo e la prosecuzione di esse che gli valse il soprannome di “Dottor Sesso”.
Rapporto Kinsey e omosessualità
I risultati delle sue ricerche portarono Kinsey ad affermare che l’omosessualità non fosse altro che una variante del comportamento sessuale umano e a rifiutare le categorie di omosessuale, eterosessuale e bisessuale ritenendo piuttosto che la sessualità si collocasse lungo un continuum che comprende tutte e tre queste condizioni e lungo il quale ciascun individuo può collocarsi assumendo orientamenti sessuali differenti che possono non essere esclusivamente omo o eterosessuali.
Per questo motivo introdusse la scala di valutazione Kinsey che misura il comportamento sessuale assegnandogli un valore che va da 0 a sei lungo tale continuum.
In particolare, secondo i risultati dell’indagine il 46% dei maschi americani dell’epoca aveva avuto rapporti con persone di entrambi i sessi, mentre il 37% aveva avuto almeno un’esperienza omosessuale e il 10% era stato esclusivamente omosessuale per gran parte della vita. Riguardo le donne l’1.3% di quelle sposate era omosessuale e il 4% poteva definirsi bisessuale.
Secondo Kinsey infatti l’orientamento sessuale umano è originariamente indeterminato e succesivamente orientato in base alla cultura appresa.
Tuttavia oltre che dal punto di vista morale (Kinsey fu accusato di ogni genere di nefandezze) i rapporti Kinsey furno aspramente criticati anche dal punto di vista metodologico: lo statistico John Tukey riteneva il campione poco rappresentativo in quanto costituito in maniera massiccia da particolari gruppi sociali: il 25% di essi era o era stato in prigione e il 5% era costituito da persone che si prostituivano. Critiche analoghe giunsero dallo psicologo Abraham Maslow che riteneva i risultati dell’indagine falsati proprio dalla scelta del campione.