Mummie utilizzati per fare farmaci in passato? Sembrerebbe la trama di un film horror. In realtà è il mistero risolto delle mummie dei martiri di Otranto. Una domanda posta per anni dagli storici che ha finalmente trovato risposta e che noi troviamo particolarmente interessante dal punto di vista medico.
In passato si pensava infatti che fosse possibile curare tutta una serie di disturbi utilizzando i cadaveri. Molti “farmaci” sono stati ottenuti da corpi senza vita e gli esperti ci hanno aiutato a conoscerli. L’esempio più classico? Quello delle ossa sbriciolate del cranio per ottenere una cura contro le patologie che affliggevano il cervello. Lo hanno scoperto gli scienziati guidati da Gino Fornaciari dell’Università di Pisa. Analisi specifiche sui resti, uniti ad alcune ricostruzioni storiche hanno reso possibile comprendere come i fori sulle ossa dei santi di Otranto derivasse dalla credenza delle persone di poter creare dei medicinali dal “riciclo” del cadavere.
E’ stato il fatto della polverizzazione a portare gli esperti sulla strada della comprensione, unita a diversi testi che sostenevano come la polvere di cranio umano fosse perfetta per curare l’epilessia. Peccato che nulla di questo corrisponda a realtà a livello medico. Il tutto si basava sull’importanza che veniva data alla testa a livello spirituale. La stessa strumentazione medica utilizzata per trapanare non era stata pensata per ottenere dei frammenti o bucare direttamente ma per ottenere della semplice polvere da utilizzare per creare il farmaco vero e proprio. E le lesioni riscontrate sulle teste a dimostrarlo. Il tempo in cui questo si faceva? Dal 1400 fino a oltre il 1500. Mal di testa, emicrania, addirittura la paralisi: per tutto questo la polvere d’osso del cranio era considerata terapia di elezione.
Con l’aggiunta di acqua e menta poi, se questo non fosse stato sufficiente, si sarebbero potute addirittura curare le delusioni d’amore. Abbastanza inusuale come rimedio per la depressione, oseremmo dire.
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