Sono milioni nel mondo i pazienti affetti da morbo di Alzheimer, e più della metà sono donne, secondo il National Institute on Aging di Bethesda. Considerando che la prospettiva di vita e l’età media continuano ad aumentare progressivamente, soprattutto nei Paesi occidentali e industrializzati, l’incidenza della malattia sulla popolazione è destinata ad aumentare e l’Alzheimer è destinato a colpire sempre più anziani nel corso dei prossimi decenni.
Il morbo di Alzheimer è la forma più comune di demenza, un gruppo di disturbi cerebrali che interferisce con le capacità di una persona di svolgere le attività quotidiane. Le zone del cervello sottoposte ad un graduale deterioramento provocano un calo delle abilità cognitive e compromettono gravemente il funzionamento della memoria.
Esistono alcune rilevanze scientifiche del fatto che la malattia colpisca le donne in modo diverso rispetto agli uomini, come spiega Michael S.Rafii, direttore della Memory Disorders Clinic e neurologo allo Shiley-Marcos Alzheimer Disease Research Center della University of California, San Diego:
Molti studi sull’influenza sul morbo di Alzheimer dovuta alle differenze di genere hanno sottolineato come, ad esempio, nelle donne sia riscontrabile un maggiore deficit nella capacità di esprimersi e nel linguaggio, rispetto agli uomini. Lo stesso vale per le capacità di riconoscere le persone, e le altre competenze, che peggiorano più rapidamente rispetto ai pazienti di sesso maschile. Differenze sostanziali nel’evolversi della malattia che si fanno sempre più marcate con il trascorrere del tempo.
I pazienti di sesso maschile presentano maggiori problemi rispetto a quello femminile per quanto riguarda anomalie nei comportamenti sociali, in particolare nelle fasi più fasi avanzate della malattia. I tranquillanti, infatti, vengono prescritti frequentemente soprattutto ai pazienti maschi.
Anche se non esiste attualmente alcuna cura per l’Alzheimer, la ricerca continua a fare progressi. Gli scienziati hanno infatti dentificato diversi geni associati alla malattia e hanno scoperto un complesso di proteine nel cervello che sembra suscettibile di ridurre la memoria.