Si celebra oggi in tutto il mondo la giornata mondiale dell’autismo, volta alla sensibilizzazione nei confronti di questa patologia ancora troppo poco conosciuta e sulla quale i servizi sociali ed assistenziali, non sempre sono attenti ed efficaci. Un passo doveroso visto che le diagnosi di autismo sono in netto aumento: in Italia le ultime cifre parlano di un nuovo caso ogni 170 nuovi nati, ma negli Stati Uniti secondo i Centers for Disease Control and Prevention (CDC) si è giunti ad una prevalenza di un bambino su 88 (1 su 54 di sesso maschile e 1 femmina ogni 252).
Una malattia dunque che colpisce l’infanzia più del diabete dell’AIDS, del cancro, della paralisi cerebrale, fibrosi cistica, distrofia muscolare o della sindrome di Down, messi insieme. Sono numeri allarmanti che dovrebbero obbligare le istituzioni a pensare ad un incremento dei finanziamenti circa la ricerca scientifica, ma anche e soprattutto nei confronti del sostegno alle famiglie e ai piccoli pazienti. Una diagnosi precoce è fondamentale per iniziare subito una terapia mirata che possa aiutare gli autistici a comunicare con il mondo e soprattutto i familiare ad entrare nella “bolla”. Servono servizi però per questo. I numeri non raccontano le storie e le difficoltà della malattia, degli scontri con la burocrazia, con i fondi che mancano per una qualunque utile attività. Tutto quello che si è fatto negli ultimi anni di positivo, è nato dalla forza dei genitori di questi bambini che non solo hanno lottato quotidianamente per aprire un varco nel muro di incomunicabilità con i propri figli, tentando con pazienza le strade più disparate, ma soprattutto si sono organizzati, riuniti, per avere una voce più forte, quella dei loro ragazzi.
Uso il termine “ragazzi” appositamente. Si parla sempre di bambini autistici, perché è nella prima infanzia che si fa la diagnosi ed è in quella fase che è importante cominciare ad agire e lavorare: ma si dimentica troppo spesso che i bimbi diventano adolescenti e poi ragazzi ed infine uomini ( o donne). E tutto diventa più complicato se non si è intervenuto precocemente. Occorre offrire a questi ragazzi un modo per dimostrare chi sono e cosa provano: sanno cos’è l’affetto, le emozioni, e sono in grado di eccellere in alcune specifiche attività (chi non ricorda il film Rain Man?) Sono persone speciali che devono solo essere aiutate a dimostrare quale è il loro valore, la loro capacità di comunicazione. Io lo so che possono dare molto. Sono stata fortunata ad incontrare Matteo, adolescente e poi uomo, sempre accompagnato dal suo formidabile papà Carlo, che non si è mai fermato davanti a nulla ed a permesso al suo ragazzo di raggiungere vette impensate per i tempi.
Ed ancora conservo con affetto il ricordo di Cristian, ragazzo autistico, che grazie ad uno strumento elettronico per la comunicazione facilitata aveva scritto un libro di poesie: ho intervistato al riguardo la sua mamma, ma lui ha voluto essere presente e alla fine mi ha stampato un bigliettino con un piccolo apparecchio portatile isul quale c’era scritto
“grazie per come hai parlato di me”.
Dopo poche ore ho ricevuto uno splendido mazzo di fiori. Sì le emozioni ce le hanno e sono in grado di ricambiarle. Non dimentichiamolo.
Per approfondire leggete anche:
Foto: Thinkstock