In un futuro neanche troppo lontano l’Hiv si potrebbe sconfiggere grazie ad una nuova generazione di anticorpi monoclonali. È quanto emerge dalle ultime ricerche pubblicata su importanti riviste scientifiche, che hanno dimostrato come questi anticorpi siano in grado di attaccare direttamente il virus circolante neutralizzandolo, ma anche di eliminare le cellule già infette con meccanismi citotossici.
Le nuove prospettive terapeutiche che tali scoperte aprono sono duplici: quelle di una terapia combinata con i classici farmaci antiretrovirali ora in uso, che impediscono alle cellule non infette di essere attaccate dal virus (ma sono incapaci di neutralizzare il virus e di eliminare le cellule già infette) e quelle di rilanciare le ricerche su di un vaccino preventivo realmente efficace.
In attesa che la sperimentazione cominci anche sui pazienti, perché per il momento è stata condotta esclusivamente su base animale, è oramai un dato di fatto che di Aids si muore sempre di meno e soltanto in caso di grave compromissione del sistema immunitario per una diagnosi tardiva. Oggi, infatti, con le adeguate terapie i sieropositivi possono avere una vita familiare, sociale e professionale “normale”.
Il merito è dei progressi della ricerca fatti in questi ultimi 20 anni. Basti pensare che negli anni Ottanta la mortalità per Aids, diffuso soprattutto fra tossicodipendenti e omosessuali, era intorno al 90%, mentre oggi è inferiore al 10%. Ciò nonostante il contagio è un trend in crescita anche fra fasce della popolazione inizialmente non toccate dall’epidemia, come gli eterosessuali con rapporti promiscui, di età media, o addirittura appartenenti alla terza età. La maggior parte di queste persone, però, non sospettando di aver contratto il virus, scoprono di essere sieropositivi quasi sempre in fase avanzata di malattia.
Il test dell’Hiv è ancora oggi un tabù e questo pregiudizio sta generando danni non solo in termini di spesa sanitaria, ma anche di tutela della salute collettiva. Ecco, perché una campagna di prevenzione efficace deve puntare sull’offerta del test a tutta la popolazione potenzialmente interessata (le persone con una vita sessualmente attiva, che abbiano avuto anche in passato rapporti non protetti con partners diversi) e sulla sicurezza delle cure disponibili oggi sempre più affidabili.
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