Trapianti: è stata messa a punto una nuova tecnica per la conservazione dei polmoni da impiantare.
Si tratta di una pratica innovativa, di piena paternità italiana, frutto di uno studio condotto dal reparto di Anestesia e Rianimazione universitaria dell’ospedale Molinette di Torino. Un protocollo sperimentato nei reparti di Rianimazione di 11 nosocomi italiani e di un ospedale spagnolo.
La ricerca condotta dal dott. Marco Ranieri ha evidenziato come proteggendo il polmone analogamente a quanto succede con rene, cuore e fegato, sia possibile “allungare” la vita dell’organo in maniera sensibile semplicemente applicando una diversa tipologia di volume di ossigeno secondo parametri stabiliti in fase di rianimazione.
Questa tecnica, sperimentata mettendola a confronto con il tradizionale protocollo, ha reso disponibili al trapianto circa il doppio dei polmoni precedentemente utilizzabili. E se si tiene conto che prima si riscontrava una media del 18% di organi trapiantabili, il passaggio ad una percentuale pari al 36% conferma in maniera sostanziale la validità dello studio. Senza per questo inficiare con la nuova tecnica la conservazione dei restanti organi da trapiantare.
Con i vecchi protocolli di respirazione nell’82% dei casi i polmoni si rivelavano inutilizzabili per la normale reazione fisiologica del corpo alla morte cerebrale: nelle sei ore seguenti tale eventualità il polmone andava man mano deteriorandosi, rivelandosi inutile per il trapianto. Un vero problema se si pensa alla difficoltà di reperire polmoni sani da trapiantare.
Lo studio è durato 5 anni, dal 2004 al 2009 ed è stato applicato su ben 118 pazienti in Italia ed in Spagna. Cinquantanove sono stati sottoposti al vecchio protocollo, mentre l’altra metà al nuovo messo a punto dal dott. Marco Ranieri e dalla sua equipe. Si è passati da 16 polmoni trapiantabili nel primo gruppo ai 32 del secondo gruppo.
Sono inoltre migliorati sensibilmente anche i dati riguardanti il post-trapianto: coloro che hanno ricevuto il polmone proveniente dal gruppo del nuovo protocollo ha visto scendere la permanenza in terapia intensiva ad 8 giorni rispetto ai 12 standard. Riscontri positivi sono stati trovati anche per ciò che riguarda la sopravvivenza: ferma al 69% dei trapiantati quella del primo gruppo, arrivata al 75% in quella del secondo gruppo.
Fonte: Jama