I batteri si evolvono, la scienza no. Con questa sorta di “slogan” si potrebbe riassumere l’appello presentato dai ricercatori di mezzo mondo riunitisi ad Uppsala, in Svezia, per un congresso sullo stato della ricerca contro le malattie infettive. La situazione è più seria del previsto, e bisogna muoversi per correre ai ripari.
Quello che gli scienziati spiegano è che la ricerca su nuovi antibiotici è ferma a parecchi anni fa, ma i batteri si sono potuti adattare nel corso del tempo, diventando sempre più resistenti. In questo modo, se non nascono nuovi e più efficaci farmaci, quelli che oggi troviamo nelle farmacie potrebbero diventare inutili.
Da decenni non inventiamo nuovi antibiotici. I batteri con il tempo imparano a difendersi dai farmaci vecchi. La conseguenza? Rischiamo di tornare indietro di cent’anni, all’epoca in cui Fleming non aveva ancora scoperto la penicillina, il 90% dei malati di polmonite non si salvava, le infezioni erano la prima causa di morte e non erano possibili i grandi interventi di chirurgia.
Questo l’appello di Otto Cars, infettivologo dell’Università di Uppsala ed organizzatore della conferenza “The global need for effective antibiotics”. Il pericolo non è ipotetico, ma è già reale. Secondo i ricercatori, esistono oggi dei batteri definiti “invicibili” che si stanno diffondendo in India e Pakistan, ed hanno finora raggiunto solo parzialmente l’Europa, facendo una vittima in Belgio.
Questi batteri hanno un gene che produce l’enzima Ndm-1, il quale è resistente a qualsiasi tipo di antibiotico oggi in commercio. E con l’arrivo in India di una grandissima quantità di Occidentali, attirati dalle operazioni chiurgiche a metà prezzo, il rischio di diffusione del batterio è alta. Questo meccanismo fu “denunciato” già dallo stesso Fleming oltre 60 anni fa. Il padre della penicillina, che sembrava dovesse aver risolto tutti i problemi, fu il primo a dire che prima o poi i batteri avrebbero trovato il modo di sopravvivere e resistere anche ad essa, e purtroppo le sue previsioni si sono avverate.
[Fonte: Repubblica]