La terapia del dolore è un espediente medico utilizzato sui malati di cancro e non solo allo stadio terminale che non riescono più a combattere il dolore legato alla propria patologia. Solitamente i farmaci utilizzati fanno parte della famiglia degli oppioidi. Nonostante tutto, una certa percentuale di pazienti non reagisce nella maniera desiderata. E mentre si scopre che la ricettività può essere legata ad otto precisi geni, c’è chi suggerisce l’utilizzo di cannabinoidi.
Il problema che spesso si nota con questa tipologia di intervento contro il dolore è che circa il 30% dei malati deve essere sottoposto a forti quantità di questi medicinali, con dosaggi che causano effetti collaterali tali da mettere a repentaglio la qualità di vita dei pazienti piuttosto che migliorarla.
Questo, come rilevato lo scorso luglio dall’Istituto dei Tumori di Milano in collaborazione con l’Università norvegese di Trondheim, dipenderebbe direttamente da 8 varianti del dna in grado di influenzare la percezione del dolore nei pazienti. Lo studio è stato condotto su circa mille pazienti in 17 centri ospedalieri distaccati in 11 differenti nazioni europee, ed è stato pubblicato sulla rivista di settore Clinical Cancer Research.
Pr arrivare a tale risultato è stato studiato l’intero genoma umano. All’interno della corteccia cerebrale, e più precisamente nell’area centrale anteriore è stata rilevata la zona nella quale il cervello “sente” il dolore. E nel cromosoma 7 è stata individuata una serie di geni responsabili della soglia del dolore. Due parti dello studio, una rilevata a livello umano, l’altra su modello animale, che hanno dato un quadro completo della situazione.
Si tratta del primo lavoro di questo tipo ad aver analizzato l’intero genoma dell’uomo e non solo alcuni specifici geni. Una conferma di quanto già intuito da tempo. Nella corteccia cerebrale, nell’area centrale anteriore, si trovano le zone che si «accendono» quando si sente un dolore. E nel cromosoma 7 erano stati individuati i possibili geni responsabili della percezione della sofferenza (la soglia del dolore) e della risposta di un individuo ai farmaci.
Dopodiché, sulla base delle informazioni raccolte sono stati confrontati i dna dei pazienti che reagivano bene alla terapia e quelli per i quali non era sufficiente, riuscendo di fatto ad isolare queste varianti genetiche. Tornando alla proposta di utilizzo di cannabinoidi all’interno della terapia del dolore, a settembre sono previste delle consultazioni in parlamento. La maggiore sostenitrice di questa ipotesi, la Regione Toscana, dopo aver messo a in cantiere una sperimentazione a livello regionale, punta ad un riconoscimento legislativo nazionale.
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Fonte: CCR