Il contagio da Hiv continua a essere molto frequente in Italia: uno ogni due ore, stando ai dati ufficiali divulgati alla vigilia della Italian Conference on AIDS che chiamerà a raccolta oltre ottocento specialisti in quel di Siena (12-14 giugno). Ma il vero problema, come sottolineato anche dal professor Andrea Antinori, Coordinatore di ICAR, Direttore UOC Immunodeficienze virali, Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani, IRCCS, Roma, è che sono ancora molte le persone che scoprono di essere state contagiate dal virus Hiv quando questo è in fase avanzata.
Oggi in Italia circa l’80% delle persone viventi con HIV è in cura, una percentuale alta ma ancora insufficiente, se consideriamo che ancora il 20% della popolazione infetta o non è in cura o non sa di avere l’infezione. La prospettiva di vita per i pazienti in trattamento, è nettamente cambiata, con una qualità di vita maggiore e con una migliore performance psicofisica. Indubbio anche il miglioramento sul piano clinico, soprattutto se il paziente ha scoperto la diagnosi in una fase precoce. I miglioramenti delle terapie, rispetto a vent’anni fa, si registrano soprattutto a livello gastrointestinale e cutaneo. E anche la lipodistrofia è considerata oggi molto rara. Il profilo di tollerabilità per i nuovi farmaci è indubbiamente migliorato, ma una simile terapia cronica, che dura decenni, avrà ovviamente effetti collaterali. La popolazione con HIV – è una popolazione destinata ad invecchiare con la malattia e con la terapia, che oggi è ancora necessario somministrare per tutta la vita. Tutte le problematiche legate all’età sono accelerate durante l’invecchiamento, con una maggiore e prematura incidenza di patologie quali osteoporosi, malattie cardiovascolari e renali. Questo comporterà la necessità di una ulteriore somministrazione di farmaci per affrontare comorbliità e malattie legate all’età. Il paziente con HIV, insomma, è ancora più fragile rispetto a chi non è portatore di questa infezione
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