Come si è evoluto il sistema immunitario? E’ la stessa domanda che si sono fatti, e risposti, i ricercatori dell’IRCCS Eugenio Medea e Fondazione Don Gnocchi, l’Università degli Studi di Milano e l’Università di Milano Bicocca in uno studio comune che analizza la storia evolutiva dei geni adibiti alla nostra difesa.
Come è stato possibile giungere ai risultati riscontrati e ricostruire il funzionamento del nostro sistema immunitario? Semplicemente studiando le malattie infettive. Queste patologie nel corso della nostra evoluzione hanno sempre rappresentato una delle principali cause di morte. Epidemie come la peste, l’influenza spagnola, lo stesso HIV ne sono un esempio molto chiaro. Tutte “infezioni” che hanno messo a dura prova il nostro sistema immunitario ma che in qualche modo allo stesso tempo hanno contribuito a forgiarlo.
Secondo gli scienziati le infezioni hanno rappresentato una sorta di “pressione selettiva”, agendo come un setaccio sui geni del nostro organismo, lasciando una sorta di “impronta” nel nostro genoma. Attraverso un processo conosciuto scientificamente come “presentazione dell’antigene” e che è in pratica la fase iniziale della risposta del nostro sistema immunitario, i ricercatori hanno ricostruito in quale modo le nostre difese siano divenute quello che sono ora. Commentano:
I risultati hanno indicato che la selezione naturale ha agito in modo pervasivo su tali geni e questo è avvenuto nel corso di milioni di anni; per comprendere ciò abbiamo analizzato anche i genomi di altri mammiferi per identificare le regioni in cui la pressione selettiva è stata più forte. Abbiamo inoltre identificato eventi selettivi specifici della nostra specie, uno di questi coinvolge una variante che conferisce suscettibilità al morbo di Crohn, evidenziando il legame che esiste tra infezioni e malattie infiammatorie croniche.
Secondo gli scienziati questo tipo di analisi possono aiutare a comprendere quali varianti genetiche possano rispondere con successo a specifici agenti patogeni e quindi a gettare le basi per la cura di malattie per il quale al momento non esiste terapia. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista di settore Plos Genetics.
Fonte | Plos Genetics
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