Quando il tumore al seno è genetico, talvolta non resta che una via, l’intervento chirurgico. Silvia Mari è una bella donna di 31 anni, dalla storia famigliare dolorosa e complessa.
Sua madre è morta di cancro al seno a soli 36 anni. Lo stesso destino, in età molto ravvicinate è toccato anche alla nonna materna ed alla zia. Ha un’altra zia ancora in vita, alle prese con questo triste male. Cosa fare per evitare lo stesso destino?
Silvia ci ha pensato bene, ed ha deciso per una mastectomia bilaterale preventiva, si è cioè fatta asportare ambedue i seni e le ghiandole mammarie, preventivamente. Una operazione radicale, che ha fatto in modo tale di eliminare, dalla vita della giovane, l’incubo del presentarsi di un tumore che con molta probabilità avrebbe sviluppato.
La colpa è tutta di un gene mutato, il Brca 2, facilmente ereditabile di donna in donna e che aumenta di ben cinque volte rispetto al normale il rischio di generare un tumore della mammella in età precoce. Non si è trattata di una scelta facile, tutt’altro. Ma Silvia ha preferito una vita al sicuro, piuttosto che il suo seno, ed ha raccontato la sua storia in un libro: “Il rischio”, edito da Fontes.
Lo racconta la stessa autrice:
Era il dicembre 2007 quando è avvenuta l’operazione. Già avevo effettuato il test genetico e da tre anni ero sottoposta a una “sorveglianza speciale”. Dall’età di 12 anni venivo comunque monitorata per l’alto rischio che correvo di imbattermi nel cancro al seno. Ho capito che quella per me non era una soluzione sostenibile.
Una decisione che è costata molto alla donna, che non vuole, ad ogni modo che la mastectomia venga vista come unica soluzione.
Ho preso la mia decisione e ho iniziato il mio percorso. Che, ci tengo a sottolinearlo, non voglio venga visto come il migliore possibile: l’importante è non cedere al fatalismo, informarsi e prendere in mano la situazione e il destino del proprio corpo.
Ogni anno in Italia nuovi casi di tumore al seno sono circa 40mila, di cui il 10% su base genetica. Secondo la letteratura medica, la mutazione del gene Brca 1 porta al 80% la possibilità di sviluppo del tumore, quella del gene Brca2 del 50%. Grazie all’asportazione di entrambi i seni ora Silvia Mari ha possibilità più basse di quelle di una donna normale di sviluppare il cancro.
Ma va ricordato: il Servizio Sanitario Nazionale non rimborsa questa tipologia di operazione e quindi non vi è esenza di ticket. Ma è importante, sottolinea il dott Vincenzo Ziparo, preside della Facoltà di Medicina e chirurgia del S.Andrea, che storie come quelle di Silvia vengano rese pubbliche.
Nel caso di Silvia avevamo davanti una ragazza giovane e bella, con grandi aspettative. Forse le più alte che una paziente possa avere davanti a un intervento di chirurgia plastica. E’ importante che questa storia venga raccontata, perché ancora oggi la familiarità del cancro al seno non viene studiata abbastanza approfonditamente.
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