Se ne parla sovente sui media, talvolta anche a sproposito per la verità, per le implicazioni etiche che comportano. Ma, al di là di ogni considerazione etica, è indubbio che lo studio sulle cellule staminali rappresenti un filone della ricerca molto ampio e soprattutto molto promettente. Vediamo, dunque, che cosa sono esattamente. Sono cellule immature, che vengono definite pluripotenti perché ancora capaci di differenziarsi per dare origine ai diversi tipi di cellule specializzate che compongono l’organismo.
Per fare un po’ di chiarezza è importante ricordare che ne esistono di diversi tipi. Le cellule staminali adulte sono cellule in grado di proliferare e di specializzarsi, ma soltanto entro l’ambito del tessuto in cui si trovano. Per esempio, le cellule staminali presenti nel sangue sono in grado di dare origine soltanto alle cellule specializzate del sangue. Le cellule staminali embrionali, invece, sono totipotenti, quindi in grado di dare origine a tutti i duecentocinquanta tipi di cellule specializzate che formano l’organismo umano.
Sono derivate dalla blastocisti, stadio iniziale dello sviluppo embrionale. Perché sono così importanti per la ricerca? Ha dichiarato la professoressa Elena Cattaneo, direttore del Centro ricerche sulle cellule staminali dell’Università degli Studi di Milano
«Le cellule staminali embrionali sono un grande strumento di conoscenza, sono la nostra possibilità di capire come si formano le cellule specializzate del nostro organismo e come degenerano nelle diverse malattie»
In altre parole, possono permettere alla ricerca di comprendere da che cosa hanno origine i tessuti o, per esempio, come e perché una cellula staminale diventi una cellula specializzata (un neurone o un cheratinocita, per esempio). La ricerca ha già trovato applicazioni cliniche per la terapia di patologie umane? Si intravedono i primi risultati nel campo delle leucemie, ma è ancora molta la strada da fare, anche perché c’è ancora molto da scoprire. Uno dei risultati più eclatanti della ricerca in questo settore è la possibilità di riprogrammare cellule staminali adulte in modo tale che riacquisiscano la capacità di differenziarsi in più direzioni al pari di quelle embrionali.
In campo terapeutico ciò significa poter utilizzare cellule direttamente provenienti dall’individuo destinatario della cura (definite, perciò, autologhe). Manca ancora la certezza scientifica che queste cellule prodotte in laboratorio siano davvero equivalenti alle staminali embrionali, ha dichiarato la dottoressa Cattaneo
«ma se così fosse, è come se ciascuno di noi si portasse dietro per tutta la vita la possibilità di avere a disposizione le proprie cellule staminali embrionali».