A quante di voi è capitato, almeno una volta nella vita, di notare sulla spazzola, nel lavandino o sul cuscino una quantità di capelli superiore all’abituale? Suppongo un po’ a tutte. Un’accentuata caduta di capelli rappresenta, infatti, un’eventualità estremamente comune, addirittura “fisiologica” in determinati periodi dell’anno. Mi riferisco al cosiddetto “periodo delle castagne“, che coincide generalmente con la stagione autunnale ed è caratterizzato, appunto, da un aumento cospicuo del numero dei capelli che ritroviamo sul pettine o nel fondo della vasca, dopo lo shampoo. Un normale ricambio, una sorta di ancestrale “tributo” alla nostra natura di mammiferi. Ma non è sempre così.
Episodi febbrili, interventi chirurgici, stress emotivi, anemie ferrocarenziali possono, ad esempio, causare un’importante caduta di capelli (definita “telogen effluvium”), che generalmente si manifesta non prima di 5-6 settimane dall’evento causale e si accompagna a sensazioni quali una certa dolenzia della radice dei capelli nello spostare le ciocche o come di “punture di spillo“. In taluni casi si può arrivare a perdere il 50-60% dei capelli.
Individuate e – ove possibile – rimosse le cause ed instaurata un’adeguata terapia dermatologica, la caduta tende a risolversi nel volgere di un paio di mesi. Talvolta, però, il processo tende a cronicizzarsi ed i tempi, di conseguenza, si allungano. I trattamenti più utilizzati, in questi casi, sono rappresentati da lozioni corticosteroide, applicate 2-3 volte la settimana per 6-8 settimane, sino alla cessazione della caduta; successivamente, risultano di una certa utilità lozioni cosmetiche a base di principi attivi capaci di migliorare il follicolo pilifero. Per via generale, viene fatto un largo impiego di integratori alimentari contenenti aminoacidi solforati, biotina, polifenoli del the verde, ferro, zinco, rame, etc.
Più complessi i fattori alla base dell’ “alopecia androgenetica” o calvizie femminile. Come nell’uomo, anche nella donna l’alopecia androgenetica è dovuta ad un assottigliamento progressivo dei capelli, che porta ad una vera e propria “miniaturizzazione” di questi ultimi. Tuttavia, mentre nel sesso maschile i fenomeni della calvizie interessano soprattutto la fronte e le tempie (con progressivo, caratteristico “arretramento” del bordo del capillizio) e la regione occipitale (la cosidetta “piazza” o “chierica”), in quello femminile l’interessamento è più diffuso ma meno grave e la progressione più rallentata.
In genere, possiamo distinguere due tipi di alopecia androgenetica femminile: quella delle ragazze e quella delle donne mature. La prima inizia a manifestarsi verso i 18-20 anni sotto forma di un diradamento dei capelli del vertice, accompagnato sovente da untuosità dei cuoio capelluto. Molto spesso si tratta di giovani donne con familiarità (madre, nonna materna) per alopecia, che possono presentare irregolarità del ciclo mestruale, recente comparsa di peli superflui al volto, al seno e all’addome; sono questi i casi in cui il dermatologo, nell’ambito degli accertamenti diagnostici, prescrive innanzitutto uno screening completo dei livelli ormonali ovarici e surrenalici, nell’intento di scovare un’aumentata produzione di ormoni androgeni.
Il secondo tipo di alopecia androgenetica è quello che colpisce le donne in età matura. Essa compare in genere dopo la menopausa, per fisiologica diminuzione dei livelli circolanti di ormoni femminili e conseguente aumento relativo di quelli maschili. Alcuniritengono che alla realizzazione di quadri tardivi di alopecia possano contribuire anche altre componenti ormonali di tipo non sessuale, quali i livelli di insulina e degli ormoni tiroidei.
Nell’alopecia post-menopausale l’assottigliamento ed il diradamento dei capelli sono in genere confinati al vertice del capillizio e la loro progressione meno drammatica. Come curare la calvizie femminile? Nella forma giovanile, in caso di riscontro di specifiche alterazioni ormonali, si provvede in genere alla correzione di quest’ultima mediante terapia estro progestinica ed antiandrogena, il che coinvolge giocoforza anche altre figure professionali, quali il Ginecologo e l’Endocrinologo.
Nei casi più sfumati sono spesso sufficienti 6-12 mesi di una pillola anticoncezionale di ultima generazione per notare i primi segni di una certa “inversione di tendenza”. I capelli infatti riprendono un po’ di corpo e l’untuosità si attenua notevolmente.
Quale alternativa alla terapia estroprogestinica, è stata da tempo proposta quella a base di spironolattone, un farmaco anti-ipertensivo che presenta effetti anti-androgeni utili a contrastare la progressione dell’alopecia androgenetica femminile. A livello locale, il Dermatologo si affida per lo più a lozioni a base di minoxidil, estrone, 17-alfaestradiolo e di altri principi non farmacologici, quali l’aminexii, la melatonina, etc, associate ad una delicata ma frequente detersione dei capelli con prodotti poco schiumogeni (“olioshampo”). Numerose, anche in questo caso, le proposte del mercato di integratori alimentari specificamente concepiti, generalmente a base di fitosteroli ad azione anti-5-alfareduttasi estratti da un gran numero di piante.