Accanto all’attività militare,
Plinio il Vecchio fu un grande studioso di scienza: pubblicò una monumentale enciclopedia, la
Historia Naturalis dedicata all’ imperatore Vespasiano e contenente, in circa duecento libri, le nozioni fino allora conosciute di
astronomia, meteorologia, geografia, zoologia, botanica, mineralogia e medicina. Si deve però notare che, se molte osservazioni si basano su un certo rigore scientifico, altre appaiono come raccolta folkloristica di superstizioni, credenze e leggende popolari.
Nel
libro XI vi sono nozioni di
anatomia comparata dentale; come già Aristotele, anche Plinio è convinto che in alcune specie quali l’uomo, le capre e i maiali, il maschio possegga un maggior numero di
elementi dentali rispetto alla femmina. Curiosamente sostiene poi che il dente dell’uomo conterrebbe un veleno, perché, se posto davanti a uno specchio lo offusca e ucciderebbe i piccoli dei piccioni.
Nel
libro XXV troviamo alcuni precetti odontoiatrici: inalando i vapori provenienti dalla combustione dei
semi del giusquiamo si ottiene un ottimo rimedio contro le
gengiviti e le stomatiti. Lo stesso effetto può essere ottenuto lavando la bocca con
decotto di verbena in vino e aceto. Contro l’instabilità dei denti egli riporta il frizionamento degli stessi con
polvere di corna di cervo.
Plinio fornisce anche una curiosa quanto ripugnante ricetta per un
dentifricio: cenere ottenuta dalla combustione dalla
testa di lupo, di lepre e di topo, mescolate o usate singolarmente, con gusci d’uovo polverizzati e pietra pomice. Un’altra bizzarra pratica contro il mal di denti proposta da Plinio consiste nell’instillare a livello endoauricolare latte di capra mescolato a ingredienti particolari, quali per esempio
cuori di rana cotti, lombrichi cotti nell’olio, cenere di testa di volpe. Contro l’odontalgia sostiene anche la validità di lavaggi con latte di capra o di asina e con bile di toro.
Oltre che dal regno animale, Plinio attinge anche dal
regno vegetale per proporre i suoi rimedi
contro il dolore di denti e gengive, contro i quali viene suggerito l’utilizzo di radici di giusquiamo (precetto già proposto anche da altri antichi autori) e di panacea da masticare, di rape, di capperi e di malva con la quale è utile preparare degli
infusi. È evidente che molti di questi rimedi sono permeati da superstizione e assolutamente privi di basi scientifiche, tuttavia è giusto ricordare che molte osservazioni esposte da Plinio derivano da esperienze tratte dai numerosi viaggi compiuti; egli ha riportato infatti tutto senza discriminazioni e senza commento, limitandosi a riferire quanto aveva visto o appreso.
[fonte originale | prof. Paolo Zampetti, Professore di Storia dell’Odontoiatria presso il Corso di Laurea in
Odontoiatria e Protesi Dentaria dell’università di Pavia]