Un anticorpo monoclonale chiamato denosumab offre nuove speranze contro l’osteoporosi. Ne dà notizia il “New England journal of Medicine“, pubblicando il risultato di un trial su più di 500 donne in menopausa con una densità ossea bassa, che sono state trattate per un anno con l’anticorpo o con uno dei bisfosfonati più usati, l’alendronato. La somministrazione del monoclonale è avvenuta, tramite iniezione sottocute, una volta ogni tre o sei mesi, mentre quella del bifosfonato settimanalmente.
Alla fine la densità ossea dell’anca è risultata, rispettivamente, aumentata dell’1,9, del 3,6 o del 2,1 per cento, quella della colonna lombare del 3, del 6,7 e del 4,6 per cento e quella del polso o del radio (osso del braccio) dello
0,4, dell’1,3, mentre con il bisfosfonato è diminuita dello 0,5 per cento. Insomma il denosumab ha mostrato un’efficacia paragonabile a quella dell’alendronato. Con la differenza che richiede solo una somministrazione trimestrale o semestrale e non comporta le difficoltà digestive tipiche dei bisfosfonati.
Ciò potrebbe migliorare l’adesione alla terapia, molto bassa nel caso dei bisfosfonati (in media tre donne su quattro abbandonano la cura entro un anno). L’azienda produttrice (Amgen) ha già annunciato di voler procedere con le sperimentazioni di fase III, anche perché l’anticorpo per ora non ha mostrato effetti collaterali significativi.