La precarietà è uno dei mali del nostro secolo, ed anche se è un tema che riguarda il mondo del lavoro e la sfera sociale, come spesso accade in questi casi può arrivare ad incidere anche sulla salute mentale dei lavoratori. Un recente sondaggio effettuato in Australia, i cui risultati sono sicuramente paragonabili alla situazione italiana ed in generale Occidentale, ha una volta per tutte smentito l’assioma per cui è meglio un lavoro precario che nessun lavoro, almeno dal punto di vista della serenità.
L’Università di Camberra ha sottoposto il sondaggio a 7.000 australiani, assegnando punteggi in base alla loro attività lavorativa (assunto a tempo indeterminato o precario o disoccupato, soddisfazione sulla paga, rapporto quantità di ore lavorative/stipendio, ecc.), ed ha valutato la salute psicologica dei volontari. Alla fine dei conti i ricercatori si sono così accorti che un lavoratore che passa dallo stato di disoccupato a quello di assunto a tempo pieno, guadagna 3 punti di salute mentale; al contrario uno che è disoccupato e passa ad un lavoro precario o sottopagato perde 5,6 punti, segno che se dal punto di vista del portafoglio la situazione migliora, da quello psicologico è un disastro.
Lo studio serve per indicare la via nelle politiche lavorative che il Governo intraprenderà in futuro, ed in queste non si può far finta di nulla quando si parla di salute mentale della popolazione.
[Fonte: Agi]