La Regione Veneto ha deciso di abolire le vaccinazioni obbligatorie per l’infanzia e tra le quali è compresa anche la vaccinazione contro l’AISF (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato) ha espresso subito grande preoccupazione per le conseguenze che può produrre tale decisione.
La vaccinazione anti-epatite B in Italia era obbligatoria dal 1991 per tutti i neonati. Il Ministero della Salute elabora periodicamente un “Calendario della vaccinazioni” con il quale recepisce gli obiettivi e le raccomandazioni dell’OMS(Organizzazione Mondiale della Sanità). Si tratta di un documento che rende obbligatoria la profilassi contro alcune malattie e tra queste c’è l’epatite B, mentre per altre l’OMS raccomanda solamente la vaccinazione.
Il problema consiste nel tasso di mortalità che portano con sé tali malattie. Il tasso di mortalità per tutti i tipi di epatite è dell’1% circa, ma può aumentare soprattutto per l’epatite B quando è presente anche il virus delta.
Si pensi che i programmi di vaccinazione obbligatoria hanno portato alla completa eradicazione del vaiolo e a una notevole diminuzione dei casi di difterite, tetano e anche epatite B. Fino ad oggi in Italia la vaccinazione obbligatoria aveva prodotto una significativa riduzione del numero dei portatori cronici di epatite B ma anche alla scomparsa completa del virus sia tra bambini che adolescenti. L’unico problema ancora aperto è come tenere sotto controllo la diffusione del virus, infatti tra gli italiani sono circa 600.000 i portatori cronici e centinaia di milioni nel resto del mondo.
La pratica della vaccinazione di massa dei neonati e delle categorie a rischio (conviventi dei portatori cronici di epatite B, personale sanitario, tossicodipendenti e soggetti politrasfus), invece, contribuisce a combattere l’elevata capacità di diffusione del virus attraverso rapporti sessuali, piercing, tatuaggi e senza badare alle frontiere. Ultimo dato per l’Italia, ad esempio, è la diffusione del virus soprattutto tra gli adulti non vaccinati.