In queste ultime settimane, le gravidanze delle “mamme-nonne” , ovvero di donne avanti con l’età ed in menopausa, hanno riempito le pagine dei giornali ed i salotti dei ben pensanti. Ci si chiede infatti quanto possa essere giusto a livello etico e sociale, un concepimento fuori dall’età fertile. La legge 40 in Italia non lo concede, quindi le persone si rivolgono all’estero per ottenere la propria fecondazione assistita. Possiamo parlare di turismo della procreazione?
La risposta è positiva. E per accertarsene, se proprio non si vuole porre la propria attenzione sugli studi a riguardo, basta effettuare una ricerca in rete con keyword specifiche per rendersi conto di come nell’est europeo Kiev, l’Ucraina o ancora la vicina Grecia offrano in maniera sempre più assidua e consistente alle coppie italiane una possibilità di diventare genitore che nel loro paese non è concepita.
E il “paziente medio” di queste cliniche private, nate come funghi grazie alla domanda incalzante, è una coppia non più giovane, ormai fuori dal gioco biologico delle nascite, che dopo aver provato per anni naturalmente o mettendosi in lista per una adozione, non sono riuscite ad esaudire il proprio desiderio di maternità e paternità ed hanno deciso di rivolgersi altrove. Di fare di “testa loro”.
Al pari di ciò che sta avvenendo per l’implantologia dentale si usufruisce di pacchetti tutto compreso: operazione, vitto ed alloggi, ed interprete: ed ognuno ottiene ciò che vuole. Si parte dalla vendita di ovociti e si arriva all’ utero in affitto. Il problema più grave di questa pratica è che sia la mamma che il nascituro sono sottoposti ai pericoli relativi l’età avanzata della donna.
Il ministero della Salute, giustamente, sottolinea come in questo modo si alimenta un mercato di compravendita di ovociti non solo pericoloso ma razzista. Basti pensare agli ovociti venduti dalle donne di colore, offerti a prezzi stracciati perché spesso non calzanti con le richieste dei “compratori” per via del diverso colore della pelle rispetto al fototipo caucasico.
Ma bisogna anche ricordare che in Italia il limite è dato dall’età fertile e soprattutto dall’essere una coppia eterosessuale stabile. Una limitazione che tiene diversi elementi fuori dalla possibilità, specialmente quando per qualche motivazione viene a mancare la “materia prima” (ricordiamo che in Italia la fecondazione “eterologa” non è contemplata, n.d.r.).
Gli esperti tengono a sottolineare che la fecondazione assistita in donne non fertili non ha alte percentuali di successo. Ma come spiegarlo a coloro che non vedono altra via di uscita per il coronamento del proprio sogno? Per loro la risposta è all’estero.
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