Asparagi a ottobre, fragole a dicembre, zucca e spinaci tutto l’anno. Girando tra le corsie del supermercato o tra i banchetti del mercato rionale ci dimentichiamo quasi che la natura ha una sua ciclicità e se è così ci sarà pure un motivo, anche se spesso lo ignoriamo. Trovare tutto in qualsiasi stagione è un fatto per noi assolutamente scontato.
A chi si deve tanto merito o demerito? Ai consumatori, sempre più viziati, che hanno spinto la grande distribuzione a immettere sul mercato prodotti importati o maturati forzatamente o, al contrario, a quest’ultima che ci ha reso sempre più esigenti e non rinunciatari in materia di scelte alimentari? Ci consola il fatto che in questo caso abbiamo una certezza: ciascuno di noi ha la possibilità di scegliere la qualità e la varietà dei cibi che porta sulla tavola. E così, la prossima volta che usciremo, a fare la spesa, potremmo fare attenzione a ciò che infiliamo nel carrello. Oltre alla provenienza e alla scadenza del prodotto che acquisteremo, chiediamoci anche se il medesimo matura o meno in questo particolare periodo.
“Ogni frutto ha la sua stagione“, lo dicevano anche i nostri vecchi, applicando questo principio in molti contesti della vita pratica. La ciclicità della natura ha condizionato per millenni gli usi e i costumi delle varie civiltà che si sono susseguite, influenzando in primo luogo le abitudini alimentari. L’era industriale, la rapidità degli scambi commerciali, la manipolazione genetica degli alimenti, le tecniche sempre più affinate di maturazione, stoccaggio e conservazione degli stessi hanno in qualche modo annullato le differenze stagionali in materia di alimentazione, al punto che la stragrande maggioranza dei consumatori ignora il periodo di maturazione dei prodotti ortofrutticoli.
Ma perché è importante nutrirsi secondo il ciclo delle stagioni? Spiega il professor Stefano Bona, agronomo dell’Università di Padova
“Per il semplice fatto che l’alimento viene raccolto nel momento in cui le sue proprietà chimico-biologiche sono migliori”
La vendita diretta sta prendendo sempre più piede, segno di una volontà collettiva di nutrirsi al meglio, secondo i ritmi scanditi dalla natura, che privilegia la qualità alla quantità, il sapore al risparmio (i costi sono più o meno quelli del market, ma la differenza è tutta nel gusto). Un esempio tra i tanti, l’espansione dei distributori di latte delle fattorie in città: si porta il contenitore, che al costo di un euro viene lavato, sterilizzato e riempito con 1 It. di latte munto in giornata. Fa presente Bona
“Il surriscaldamento del clima ha anticipato i tempi di maturazione, rispetto ai ritmi lenti del
passato. Gli alimenti “perenni” o sono d’importazione o vengono selezionati per maturare prima o dopo il previsto”.
Nonostante l’Italia sia il primo produttore ortofrutticolo europeo, ogni anno – secondo una stima della Coldiretti – importiamo 3,4 miliardi di kg di frutta e verdura, provenienti da Paesi in cui il costo del lavoro è di molto inferiore al nostro. Questo spiega come mai, nonostante il viaggio di migliaia di chilometri, questi prodotti sono meno costosi di quelli locali. E per quanto riguarda le primizie?
“Vengono raccolte prima della completa maturazione e conservate in frigoriferi che ne rallentano i processi metabolici”.
Altro discorso meritano invece i prodotti maturati troppo in fretta, all’interno di serre o in tunnel ricoperti di materiale plastico, carenti di meccanismi per il controllo della temperatura. Tutto ciò abbassa il valore nutritivo di questi prodotti e surriscalda il terreno, favorendo l’inquinamento.