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Ippoterapia per assistere i malati psichiatrici

 L’approccio al malato psichiatrico, se volto come giusto che sia alla ricerca di un miglioramento nelle condizioni del paziente, deve essere serio e ben formulato. Tra le varie metodologie di terapia ed interazione, quella dell’“ippoterapia”, ovvero della pet therapy basata sull’utilizzo dei cavalli sembra essere una delle più efficaci. Psichiatri ed esperti sono attualmente a Torino per mettere a confronto le proprie esperienze e fare il punto della situazione.

La riabilitazione psichiatrica equestre ha dimostrato la sua validità in diversi studi pregressi, ed il valutarne la reale efficacia fornirà una nuova base sulla quale partire per ampliare il suo margine di utilizzo e studiare nuove terapie da mettere in atto. Nel corso della tavola rotonda si discutono i risultati del progetto da poco conclusosi in merito alla sperimentazione condotta da un equipe multidisciplinare all’interno di strutture specifiche.

Allo studio pilota hanno partecipato 24 pazienti (6 per ogni seduta, n.d.r.) per un periodo di tempo pari a  16 mesi. Durante il periodo di valutazione sono stati svolti incontri a terra e a cavallo, con il supporto di operatori specializzati.

Il perché l’ippoterapia sia così importante, lo spiega lo stesso Ministero della Salute, che all’interno del suo sito dà ampio spazio a questo particolare approccio terapeutico.  La sensibilità, l’intelligenza e la capacità di adattamento alle diversi situazioni fanno di questo animale uno dei migliori amici dell’uomo a livello terapeutico. Se si pensa che i primi esperimenti in tal senso furono condotti da Ippocrate stesso, ci si rende conto di quanto questa pratica, fin dal passato più remoto, sia stata presa in considerazione.

Il raggio di azione di questo approccio, che agisce in base all’interazione tra l’uomo e l’animale, impatta sia sulla sfera neuro motoria che su quella neuro psicologica. Parliamo di una terapia volta a stimolare nel paziente non solo tutta una serie di muscoli e movimenti utili anche per combattere la disabilità prettamente fisica, ma anche un “rapportarsi nuovo” con un soggetto amico per favorire il “transfert” di tale azione anche a livello umano.

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