Sconfiggere la leucemia e i tumori del sangue attraverso l’immunoterapia: è a questo che puntano i ricercatori dell’ospedale San Raffaele di Milano attraverso uno studio pubblicato sulla rivista di settore Nature Medicine. Chiamato TCR Gene Editing, questo nuovo approccio è stato studiato per attaccare in profondità il cancro attraverso la genetica.Cerchiamo di entrare ora nello specifico di questa possibile terapia rendendone comprensibile la metodologia.
La ricerca è frutto di una collaborazione internazionale e multidisciplinare condotta dalla dott.ssa Chiara Bonin, responsabile dell’Unità di Ematologia sperimentale del San Raffaele, in collaborazione con Luigi Naldini, il Direttore dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica.
Tutto parte dal presupposto che il sistema immunitario possa essere utilizzato, se instradato nella giusta maniera, come primaria difesa contro il tumore. Nel corso di questi ultimi anni sono stati diversi gli studi clinici sperimentali che hanno visto i pazienti essere sottoposti a “dosi” di linfociti T, particelle del nostro sistema di difesa in grado di riconoscere ed attaccare il tumore. Qual è il problema? Questi “difensori” sono molto pochi nell’organismo rispetto a quelli che servirebbero.
La tecnica messa a punto dagli scienziati è un’evoluzione di un precedente approccio volto a generare in modo veloce una quantità molto elevata di linfociti T. Con una sostanziale differenza: le particelle create in laboratorio, solitamente meno potenti di quelle naturali, sono state modificate in modo tale di contenere del materiale genetico anti-tumorale capace di rendere questi linfociti t tanto efficaci quanto quelli prodotti naturalmente dal nostro corpo. Non solo: la tecnica messa a punto consente di farlo in numero molto alto. E la quantità in questo caso rappresenta davvero un punto di forza.
Gli scienziati sono riusciti nell’intento grazie all’utilizzo di Zinc Finger Nucleases (ZFN), ovvero delle molecole artificiali in grado di riconoscere sequenze specifiche di DNA (scelte in questo caso in precedenza dagli scienziati appositamente, N.d.R.) e di provocare tagli nella sua doppia elica. Questo taglio nel DNA provocato dalle ZFN di fatto interrompe l’informazione genetica e rende la cellula incapace di produrre la proteina codificata dal gene colpito da queste particelle. Una modifica effettuata per la prima volta proprio dal coautore dello studio Luigi Naldini e dal suo gruppo nel novembre del 2011 ed ora applicato a questo nuovo approccio terapeutico.
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Fonte: Nature Medicine