Il bagnare il letto la notte si chiama enuresi. Il termine deriva dal greco “en-ourein” e letteralmente significa “urinare dentro“, sottintendendo urinare dentro il letto. L’enuresi può essere suddivisa in diurna e notturna a seconda di quando compare, il giorno o la notte. Diciamo che a livello statistico interessa il 10-15% dei bambini fra i quattro anni (età in cui solitamente si riesce a controllare l’emissione delle urine anche di notte) e i quattordici anni, età in cui scompare spontaneamente.
Oltre alla distinzione tra diurna e notturna I’enuresi può essere distinta in “primaria” anche detta primitiva. Questo tipo è spesso familiare-genetica e in essa il controllo non è mai stato acquisito. L’enuresi “secondaria” anche detta regressiva, è invece spesso legata a conflitti psicologici insorti in una fase successiva (nascita di un fratello, inserimento in asilo). In essa il bambino che aveva già imparato a tenere la pipì ricomincia a bagnarsi (questa seconda evenienza è spesso legata appunto a stress emotivi o malattie e si risolve più rapidamente).
Cominciamo ad operare un’importante premessa: l’enuresi non è una malattia del bambino ma ci possono essere motivazioni come un ritardo di maturazione, ossia una più lenta acquisizione di certe funzioni rispetto alla media dei bambini oppure eventi che mettono a nudo il bisogno di sicurezza e di dipendenza del bambino.
È anche da dire che in alcuni casi i bambini a seguito di un sogno possono bagnare il letto. Sicuramente il bambino tende a vergognarsi e ad imbarazzarsi del disturbo e a vivere l’ansia e la preoccupazione dei genitori, eludendo in alcuni casi i rapporti con i coetanei o situazioni stressogene come le gite scolastiche. Molto spesso i genitori di bambini con enuresi hanno a loro volta avuto enuresi loro stessi, motivo per cui si può dire che tale disturbo ha carattere di ereditarietà.
A livello di intervento può essere d’ausilío cercare di parlare con il bambino condividendo questo disagio e facendogli capire che ha tutta la comprensione e che non deve vergognarsi se e quando bagna il letto. È quindi fondamentale utilizzare un clima positivo, un atteggiamento rassicurante che né svaluti il problema né lo ingigantisca; spiegare che ci sono bambini che con l’età imparano a risolverlo è sicuramente la cosa migliore.
Il bambino non andrebbe certamente premiato ogni qualvolta riesce a non bagnare il letto poiché fare ciò indicherebbe che il problema dipende dal bambino cosi come non andrebbe punito se e quando lo fa, questo perché altro non si farebbe in questo modo che creare ansia e tensione che aggravano la situazione e fanno focalizzare il piccolo sul problema. Detto ciò il comportamento più adatto è una sana indifferenza di fronte agli episodi. È importante anzi direi fondamentale cercare di non colpevolizzare e rimproverare il bambino, cosi come è importante non assumere un atteggiamento svilente (attraverso il riso o la beffa) o severo e punitivo.
Tali comportamenti infatti altro non fanno che aumentare i sensi di colpa del piccolo e tendono a minare la sua autostima, facendo indubbiamente peggiorare la situazione. Tra le misure completamente inutili che possono essere adottate rientrano il ridurre la quantità di liquidi che il bambino beve la sera per non riempire la vescica e svegliare il bambino durante la notte per farlo sedere sul gabinetto e fargli fare la pipì forzatamente, cosi come non è consigliabile utilizzare il pannolone, benché sicuramente comodo, poiché tende a rinforzare il bambino a rifugiarsi in comportamenti infantili.
Da un punto di vista psicologico è invece molto importante che i genitori si dimostrino comprensivi e gli forniscano le necessarie rassicurazioni affettive. A livello pratico è bene cercare di non fare bere la sera al bambino bevande come la coca cola o il tè poiché essendo fortemente diuretiche rischiano di fare aumentare il problema, cercare di effettuare un sistema premiante basato sulle “notti asciutte”, parlare con il pediatra riguardo l’attuazione di una ginnastica vescicolare per il bambino e successivamente qualora ciò non sia sufficiente affidarsi ad uno psicologo esperto per effettuare un intervento psicoeducativo.