L’allattamento al seno apporta numerosi benefici al bambino, soprattutto a livello immunitario. Ora, grazie ad uno studio condotto in collaborazione dall’Università di Princeton insieme all’ateneo di Buffalo, scopriamo che ciò che consente tale pratica è in grado di aiutare notevolmente anche le mamme: una proteina associata a tale azione è in grado di sopprimere metastasi ed il cancro al seno.
E’ il meccanismo dal quale deriva la lattazione che sembra avere, secondo i ricercatori, un ruolo importante nel controllo del cancro al seno. Parliamo della proteina “ELF5”, che nei mammiferi in generale, quindi sia negli umani che negli animali, oltre ad essere necessaria per la produzione di latte è in grado di avere un ruolo “primario” nella lotta contro il carcinoma mammario, riuscendo ad inibire quel passaggio dello sviluppo del tumore conosciuto sotto il nome di transizione critica cellulare. In laboratorio il risultato ottenuto è stato quello di ridurre sia le metastasi che la formazione tumorale principale. Commenta il prof. Satrajit Sinha, tra gli autori dello studio pubblicato sulla rivista di settore Nature Cell Biology:
Questa è la prima relazione a confermare che questa proteina, chiamata Elf5, sia un soppressore tumorale nel cancro al seno. Abbiamo scoperto che quando i livelli di Elf5 sono bassi o assenti, le cellule epiteliali diventano più come le cellule staminali trasformandosi in cellule mesenchimali, cambiando la loro forma e l’aspetto, e migrando in altre parti del corpo. Ecco come si diffonde il cancro.
I modelli di cancro al seno studiati nel corso della ricerca erano provenienti sia da umani che da animali. Ed è stato verificato nei ratti come la rimozione di questa proteina non solo eliminava la possibilità di allattamento per le femmine, ma apportava una modifica alle cellule epiteliali della ghiandola mammaria rendendole mesenchimali rendendole possibili precursori del cancro. Un abbassamento di questa proteina può quindi rappresentare un campanello di allarme per un possibile sviluppo tumorale.
Secondo gli scienziati tale evenienza potrebbe rappresentare un efficace strumento diagnostico nei confronti del tumore mammario.
Fonte | Nature Cell Biology
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