La reazione degli esperti alla notizia della prostatectomia radicale di prevenzione in un paziente con gene modificato Brca 2, riportata dal Sunday Times e di cui vi abbiamo parlato stamane, non si è fatta attendere. Il prof. Umberto Tirelli, direttore del dipartimento di Oncologia medica dell’Istituto Tumori di Aviano spiega la sua opinione in un comunicato stampa ed altri esperti lo fanno rispondendo a varie interviste. Facciamo il punto per comprendere meglio come valutare questa scelta terapeutica.
Riassumiamo brevemente: un uomo di 53 anni, londinese, scoperto di avere un gene mutato Brca2 portatore di un rischio di cancro ha deciso di sottoporsi ad una prostatectomia preventiva, ovvero l’asportazione totale della ghiandola onde evitare che i suoi tessuti potessero sviluppare un pericoloso tumore alla prostata. Allo stesso modo in cui Angelina Jolie (ed altre donne) ha optato per la mastectomia preventiva. Sottoposto all’intervento ora sta bene. Le analisi del sangue e la risonanza magnetica che si fanno abitualmente non avevano rilevato anomalie, mentre l’esame istologico della prostata asportata, più approfondito, ha evidenziato un livello molto elevato di cellule neoplastiche che con molta probabilità avrebbero portato a breve ad una diagnosi di tumore maligno.
Benché sia noto prima dei 65 anni, un rischio di circa l’8% più alto rispetto alla media di sviluppare tumore alla prostata con mutazione di questo gene BRCA-2 e nonostante esista un’evidenza che suggerisce come in caso di sviluppo di cancro, nel contesto di una mutazione di questo gene tali forme neoplastiche possano essere più aggressive clinicamente, questo unico caso non può di certo porsi come esempio per tutti gli uomini, anche perché la prostatectomia radicale comporta infertilità (l’uomo aveva già 4 figli) ed un rischio elevato di andare incontro a problemi di incontinenza e sessuali. Spiega il professor Tirelli:
“Se il rischio di sviluppare un tumore della prostata e i controlli al quale il paziente avrebbe dovuto sottoporsi (biopsie, radiografie, ecc.) avessero generato un’ansia eccessiva, se quindi avessero trasformato la vita del paziente in una non-vita, allora obiettivamente vi sarebbero dei vantaggi per una prostatectomia profilattica. In una simile situazione va molto tenuto in considerazione il giudizio e il parere del paziente in causa con il classico principio del consenso informato alle decisioni terapeutiche. Va anche rilevato che gli uomini portatori di questa alterazione genetica di BRCA-2 sono a rischio molto più elevato rispetto agli altri uomini di un tumore della mammella maschile che pur essendo raro può manifestarsi. Si calcola che durante tutta la vita gli uomini con questo gene BRCA-2 alterato hanno un rischio di sviluppare un carcinoma della mammella di circa l’8% più alto che non quello di un uomo senza questa alterazione. Vedremo delle mastectomie profilattiche anche negli uomini con il gene BRCA-2 mutato? Non possiamo escludere questa evenienza considerando i precedenti”.
Parole più drastiche sono invece quelle pronunciate in un’intervista dal professor Edoardo Boncinelli, genetista dell’Istituto San Raffaele di Milano che ha parlato di un fatto
“Incomprensibile e non condivisibile dal punto di vista scientifico”
in quanto a differenza del tumore al seno e alle ovaie (come per Angelina Jolie) il rischio non è così alto. Questo tipo di tumore tra l’altro non è considerato tra i big killer, ha un’altissima percentuale di sopravvivenza. Dello stesso avviso l’urologo Francesco Montorsi, primario di Urologia sempre presso all’ospedale San Raffaele di Milano che in un’altra intervista al Corriere spiega:
“Per quanto sappiamo l’uomo aveva un piccolo focolaio di tumore prostatico che poteva essere tranquillamente essere tenuto sotto controllo, come in genere si fa in questi casi. Ma dal momento che il paziente aveva anche la mutazione del gene che lo espone al cancro, ha deciso di operarsi. I dati scientifici di cui disponiamo oggi non giustificano questa drastica opzione terapeutica, perché necessitano ancora di conferme. Avere la variazione genetica Brca2 non garantisce la certezza sul decorso negativo. Inoltre la conoscenza scientifica sul tumore al seno è estremamente maggiore rispetto a quello della prostata, per cui non si possono fare paragoni”.
In caso di un tumore alla prostata in fase iniziale, si procede con la sorveglianza attiva o con le cure del caso che comunque esistono e che possono comprendere la prostatectomia radicale, un intervento chirurgico piuttosto invasivo. Il professore ha infine spiegato come allo stato attuale delle cose non si possa escludere per il futuro un profilo genetico alla base di test per la diagnosi precoce di cancro alla prostata, ma al momento è troppo presto per dirlo.
Insomma oggi dobbiamo avere cautela nel pensare che questa operazione possa risolvere il problema: è d’obbligo sottolinearlo. Nel futuro si vedrà.