Una nuova ricerca pubblicata su Cancer Epidemiology, Biomarkers & Prevention, una rivista della American Association for Cancer Research, sostiene gli sforzi dell’Organizzazione mondiale della sanità per promuovere il divieto di fumo in casa, secondo i ricercatori della Johns Hopkins University. In particolare, le concentrazioni di nicotina sono più elevate nei bambini esposti al fumo passivo in casa, e più sono piccoli i figli, maggiore è la concentrazione dell’esposizione al fumo passivo.
Questo studio fornisce prove sufficienti a sostegno del divieto di fumare in casa, in particolare nelle case con bambini piccoli
ha detto Kim Sungroul, ricercatore associato presso l’Institute for Global Tobacco Control alla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health. Kim e colleghi hanno calcolato le concentrazioni di nicotina utilizzando i capelli come biomarker dell’esposizione al fumo passivo. Lo studio ha incluso 1.284 bambini provenienti da 31 paesi in America Latina, Asia, Europa dell’Est e Medio Oriente.
Tra le case con elevate concentrazioni di nicotina nell’aria interna (più di 10 mg/m3), le donne avevano tre volte il livello delle concentrazioni di nicotina nei capelli, i bambini 6,8 volte in più del livello di sicurezza. Inoltre, i bambini che avevano meno di 6 anni avevano livelli di concentrazione di nicotina del 12% più elevati rispetto a quelli più grandi. Coloro che hanno trascorso più di 19 ore al giorno a casa avano il 15% in più di ivelli di concentrazione di nicotina di quelli che passavano meno tempo.
A questo studio ne fa eco un altro italiano che rincara la dose. Oltre al fumo passivo, che rimane sempre il maggior fattore di rischio nelle case, sono sotto accusa anche i livelli elevati di emissioni dei fornelli a gas e dei camini, i quali, spiegano dall’Aipo (Associazione italiana pneumologi ospedalieri), fanno registrare livelli di polveri sottili di 40 volte superiori rispetto ai livelli consentiti all’aperto. In pratica l’aria di casa è più inquinata di quella esterna.
Gli esperti di pneumologia lanciano l’allarme, indicando nella broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) la condizione più pericolosa in questi casi. Il 50% dei malati non sa di esserlo, anche se è facile sospettare che qualcosa non vada se si ha la sensazione di essere a corto di fiato o si hanno difficoltà a compiere le azioni più semplici stando in casa. Secondo l’Oms sono 80 milioni le persone in tutto il mondo che ne soffrono, ed entro il 2030 potrebbe diventare la terza causa di morte nel mondo.
Le soluzioni: niente di più semplice, arieggiare il più possibile le stanze e smettere di fumare.
[Fonte: Adnkronos; Sciencedaily]