Pur usando lo stesso idioma, donne e uomini adottano diverse sfumature del linguaggio. In politica, questi differenza supererebbe le divergenze di partito, accomunando le esponenti di entrambi gli schieramenti e, sul lato opposto, i colleghi maschi. Lo conferma Grazia Basile, docente di Linguistica generale all’Università di Salerno, che ha confrontato interviste rilasciate – neli ultimi mesi da nove donne e nove uomini politici, da Rosy Bindi a Mara Carfagna, da Massino D’Alema a Sandro Bondi a Napolitano: gli uomini scelgono un linguaggio personalizzante, con espressioni tipo «Noi diciamo» o «Noi vogliamo»; le donne preferiscono presentare in maniera oggettiva i fatti ‑ opinione comune, si pensa – oppure “attenuarli” ‑ « Sembrerebbe».
Anche le metafore dividono i sessi: le onorevoli usano quelle legate al movimento, come «Facciamo passi avanti»; gli onorevoli quelle belliche, come «Siamo pronti alla battaglia». «Questa disparità linguistica può indicare una maggiore attitudine alla collaborazione da parte femminile. A sottolineare che le donne in posizioni di vertice non si sentono più obbligate ad assumere modalità di comportamento mutuate dai colleghi maschi» conclude Basile.