Non bastava la depressione, i problemi fisici come quelli agli occhi o posturali, e le altre mille problematiche sollevate dai pensatori di tutto il mondo. Ora si aggiunge una nuova patologia all’uso smodato di internet: la perdita di memoria.
A stabilirlo è Nicholas Carr, scrittore di fama mondiale che ha sempre trattato la tecnologia digitale “con i guanti”, e ha da sempre portato alla luce delle problematiche che riguardavano il rapporto società-nuove tecnologie, anche con un buon seguito. La tesi di Carr è, in breve, che internet ci porta ad avere una vita “troppo comoda”, fatta di links e materiale immediato, tanto da farci disabituare a pensare, e soprattutto a ricordare, dato che tutto ciò di cui abbiamo bisogno è raggiungibile con un click.
Spiega Carr sulla rivista The Atlantic,
Offrono opportunità straordinarie di accesso a nuove informazioni, ma hanno un costo sociale e culturale troppo alto: insieme alla lettura, trasformano il nostro modo di analizzare le cose, i meccanismi dell’apprendimento. Passando dalla pagina di carta allo schermo perdiamo la capacità di concentrazione, sviluppiamo un modo di ragionare più superficiale, diventiamo dei pancake people, come dice il commediografo Richard Foreman: larghi e sottili come una frittella perché, saltando continuamente da un pezzo d’informazione all’altra grazie ai link, arriviamo ovunque vogliamo, ma al tempo stesso perdiamo spessore perché non abbiamo più tempo per riflettere, contemplare. Soffermarsi a sviluppare un’analisi profonda sta diventando una cosa innaturale.
Due anni fa Carr sosteneva che Google ci stava rendendo stupidi, perché oltre agli indubbi vantaggi che il motore di ricerca più famoso al mondo offre, c’erano anche gli svantaggi
assai meno evidenti e proprio per questo più pericolosi.
Si parla infatti di una vita troppo “collettiva” che uccide l’individualismo, come spiega Jaron Lanier, altro critico della rete, secondo il quale non solo internet è in grado di modificare la società, ma addirittura la struttura del nostro cervello,
perfino a livello cellulare.
Insomma, in breve le nuove tecnologie ci rendono più pigri, non ci permettono più di leggere su pagina di carta ma solo in formato digitale, facendo lavorare molto meno il cervello, il quale perde la capacità di mettere a fuoco i problemi, elaborarli, e soprattutto ricordarli.
[Fonte: Corriere della Sera]