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Vita lunga? E’ scritto nel Dna

 Il segreto di una vita lunga ed in salute non sarebbe nelle condizioni di vita quanto nel Dna. Insomma, centenari non ci si diventa, ma ci si nasce, grazie ad uno “scudo genico” presente nel corredo genetico di alcune persone, in grado di fermare qualsiasi “problema”. E’ questo ciò che sostiene uno studio recentemente condotto dai ricercatori dell’ Albert Einstein College of Medicine of Yeshiva University di New York.

Secondo gli scienziati per invecchiare e vivere il più a lungo possibile non basta il tenersi in forma evitando abusi di sostanze che potrebbero condurre a specifiche patologie, ma bisognerebbe possedere quelle che vengono considerate “predisposizioni genetiche”. Si tratta di un tema molto sensibile, soprattutto se visto sotto l’ottica di un certo allungamento dell’aspettativa di vita e la necessità, magari, di essere perfettamente operativi anche in età avanzata.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Journal of the American Geriatrics Society,  sottolinea quindi come questa prerogativa di longevità sarebbe dovuta a delle maggiori “difese genetiche” di aqlcuni individui. Per avere conferma di questo fattore i ricercatori hanno studiato soggetti appartenti alla popolazione di ebrei ashkezaniti che hanno vissuto per almeno 95 anni in modo indipendente.  I risultati sono stati incredibili: il loro stile di vita non era migliore degli altri anziani, anzi in molti casi non erano considerabili portatori di comportamento virtuoso.

Commenta l’autore della ricerca, Nir Barzilai, direttore dell’ Institute for Aging Research della Yeshiva University:

Questo studio suggerisce che i centenari potrebbero possedere geni che li aiutano a tamponare gli effetti più nocivi di uno stile di vita malsano.

Il campione di riferimento ha riguardato 477 ebrei askenaziti di età compresa tra i 95 e i 122 anni di cui il 75%  donne. La scelta  è caduta su questo gruppo, hanno spiegato gli scienziati perché storicamente e  “geneticamente più uniformi di altre popolazioni, rendendo più facile individuare le differenze genetiche presenti”.

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Fonte: Corriere della Sera