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Smettere di fumare con l’elettroshock?

Elettroshock per smettere di fumare. E’ questa in sostanza la proposta scioccante proveniente da uno studio condotto dagli scienziati della McGill University, in Canada. Da inserire in un preciso protocollo di cura contro questa dipendenza. Elettro stimolazione cerebrale, in pratica.

Inutile dire che si tratta di una proposta per quanto frutto di studi seri, assolutamente incredibile nella sua esistenza. L’intero protocollo avverrebbe attraverso la stimolazione magnetica transcranica, una procedura decisamente invasiva rispetto ad altre terapie alternative sulle quali gli studiosi di tutto il mondo sono al lavoro. Certo, questo tipo di terapia “elettrica”, in via di studio anche per patologie come il parkinson, non è comparabile al vecchio elettroshock, ma concedeteci di dire che appare comunque una soluzione estrema.  La ricerca in questione è stata pubblicata sulla rivista di settore Pnas.  Gli scienziati canadesi hanno scoperto che la dipendenza parte da specifiche regioni cerebrali in grado di innescare dei veri e propri meccanismi biochimici alla base della voglia di fumare. Questo meccanismo si attiva sia in caso di stimoli visivi che richiamano la “memoria storica” dell’organismo nei confronti della nicotina (o qualsiasi altra sostanza) sia in caso di disponibilità della stessa.

Per giungere a tale conclusione i ricercatori canadesi hanno analizzato il cervello di un campione di fumatori sottoposti a diversi simili ed hanno visto che il controllo del desiderio passava per la corteccia prefrontale, adibita all’autocontrollo rispetto ad uno stimolo.  Il desiderio di fumare, invece, partiva dalla corteccia orbito-frontale.  Si è ipotizzato quindi di aiutare il cervello delle persone a “trattenersi” attraverso la “disattivazione” di quella parte attraverso la stimolazione magnetica.

Commenta uno degli autori della ricerca, Antonio Strafella:

La stimolazione magnetica transcranica è attualmente impiegata in diversi studi clinici per testare possibili effetti terapeutici in diverse malattie neuropsichiatriche e forme di dipendenza. Potrebbe essere utile a ridurre l’intensità del desiderio che porta a fumare o a far uso di altre droghe.

Voi cosa ne pensate? Non è meglio dare alle persone gli strumenti per favorirne l’autocontrollo a prescindere da simili interventi invasivi?

Fonte | Pnas

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