Nel 2008 è stato scoperto l’umami, recettore linguale adibito al gusto del saporito. Ora, quattro anni dopo arriva il “fat”, il recettore, che come spiega il nome stesso preso in prestito dalla lingua anglosassone, è adibito alla percezione di un sesto gusto, quello del grasso. Si parla di una variante ipoattiva di un gene specifico che, ritengono gli studiosi che l’hanno recentemente scoperto, non dia modo alle persone che lo posseggono di sentire a sufficienza questo sapore.
La conseguenza più frequente di questa presenza? L’aumento di peso delle persone. Per molto tempo si è ritenuto che i sapori percettibili dalla lingua fossero solo quattro: dolce, salato, aspro ed amaro. Negli ultimi quattro anni, tale credenza è stata confutata. Per ciò che riguarda il fat, la scoperta deve essere attribuita ai ricercatori americani della Washington University School of Medicine .
Il recettore indivudato “percepisce” le molecole di grasso. Ma una proteina, che varia da persona a persona e che è incaricata di metabolizzare i lipidi, ne influenza la percezione. Se questa si rivela insufficiente, da la sensazione alla persona di non “averne mai abbastanza” di questo gusto, spingendo le persone a ricercarlo nel cibo in maniera continua e favorendo in qualche modo l’obesità.
La ricerca, pubblicata sulla rivista di settore Journal of Lipid Research, ha coinvolto 21 volontari in stato di sovrappeso chiamati a gustare tre tipologie di olio, uno dei quali ad alto contenuto di grassi. L’individuazione dei diversi sapori e quindi dell’olio grasso non è stata semplice, per tutti i partecipanti: fattore che ha contributo a distinguere la diversa percezione tra persona e persona.
In particolare, le maggiori difficoltà sono state rilevate in coloro che hanno mostrato livelli bassi di CD36, proteina adibita a riconoscere il grasso. Coloro che ne fabbricano di più arrivano a percepirne quantità otto volte più alte rispetto a chi ne è carente.
Commenta la dott.ssa Nada Abumrad che ha coordinato la ricerca:
Così si spiegherebbe l’obesità e quel senso di insoddisfazione perenne di cui soffre circa il 20 per cento della popolazione a tavola.
Gli scienziati hanno inoltre rilevato che una dieta ipercalorica contribuisce alla inibizione della proteina.
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Fonte: JLR