Sono sei milioni i pazienti che soffrono di roncopatia. I rimedi a tale spiacevole realtà sono tanti e nuovi, non solo chirurgici. Un disturbo che colpisce ben sei milioni di italiani e, di rimando, tutti coloro con cui condividono il letto. Stiamo parlando dei russatori cronici, individuati nel termine specifico di “pazienti affetti da roncopatia”, soggetti soprattutto di sesso maschile, anche se le mogli, che dormono poco distante, sono costrette a “subire” tutti i disagi del caso. Da una recente ricerca sull’argomento si scopre che, fino ai trent’anni, la percentuale dei russatori maschili si avvicina al 23 per cento della popolazione totale, mentre le donne contribuiscono solo per un 10 per cento. Tra i quarantenni, i maschi superano la soglia del 30 per cento e le donne sfiorano quota 20 per cento. Con l’avanzare dell’età, raggiunti cioé i sessanta anni, gli uomini afflitti da roncopatia rappresentano il 56 per cento della popolazione, mentre le donne balzano improvvisamente al 52 per cento. Una crescita improvvisa, spiegabile attraverso un’interpretazione prettamente biologica: il progesterone, ormone prodotto durante le fasi della fertilità, protegge dai problemi del russamento; tuttavia, con il progredire dell’età e l’avvicinarsi alla menopausa, la produzione di questo ormone viene a mancare. Così, vicino alla soglia dei sessanta anni, le donne recuperano in fretta il terreno perduto raggiungendo in classifica il sesso forte.
Il russamento può essere scatenato da molti fattori, come la deviazione del setto nasale, l’ingrossamento di tonsille o adenoidi, l’arrossamento delle vie aeree a causa del fumo. Le conseguenze per la salute sono molteplici. Senza un’adeguata ossigenazione dei tessuti, possono sorgere disturbi della circolazione e della pressione arteriosa, per giungere fino a danni a livello cardiaco. Senza contare, ovviamente, l’inefficacia del sonno come elemento ristoratore. Se si esclude il trattamento per la roncopatia da obesità, non esiste una terapia farmacologica specifica. Le tecniche chirurgiche hanno, però, sviluppato un nuovo tipo di intervento dal nome difficile di ugolo-palato-faringoplastica. Si tratta di una resezione del palato molle, operazione simile all’asportazione delle tonsille, che prevede un ricovero ospedaliero di due o tre giorni al quale seguirà un breve periodo di convalescenza.
La percentuale di successo è del 90 per cento, anche le donne sono avvisate. Non sempre, però, c’è bisogno di ricorrere all’intervento e, allora, entrano in ballo altri metodi antirussata: il primo e il più in voga è il cerottino da applicare sulle narici e capace di migliorare il passaggio dell’aria attraverso il naso. Altro rimedio è quello di affidarsi ad un apparecchio contrassegnato con la sigla ‘Cpap’, acronimo di Continuos Positive Air Pressure, dispositivo formato da un piccolo compressore collegato ad una mascherina applicata sul naso.