Nella bozza di riordino delle cure primarie in vista del prossimo Patto per la Salute è stata avanzata la proposta di ridimensionare da 0 a 6 anni l’assistenza pediatrica. Ed è subito “divampata” la polemica. La Sip (Società italiana di pediatria) non ci sta e fa notare come i dottori di medicina generale sono meno esperti dei pediatri in materia di bambini per il semplice motivo che oramai da 50 anni non se ne occupano più.
A spingere il governo a rivedere le cure di base sarebbe la carenza di professionisti, in particolare proprio dei pediatri. E molti di quelli che ci sono scelgono di lavorare in ospedale invece che in ambulatorio. Inoltre il rimborso pubblico per ciascun assistito è più alto nel caso dei pediatri rispetto ai medici di medicina generale.
Ha espresso la sua contrarietà anche il direttore dell’Istituto di igiene della facoltà di medicina e chirurgia dell’università Cattolica di Roma Walter Ricciardi, che ha spiegato:
Quella di far seguire ai pediatri i bambini solo fino a 6 anni è un’ipotesi che porterebbe ad un’eccessiva ospedalizzazione specialmente al Sud, dove si raggiungono infatti tassi doppi rispetto ad alcuni Paesi europei come la Gran Bretagna, e questo è dovuto allo scarso filtro fatto dai pediatri che non sono ben distribuiti sul territorio. La soluzione è fare in modo che ci siano più pediatri, che già oggi scarseggiano, non certo diminuirne il lavoro.
D’accordo con quanto espresso da Ricciardi, anche Costantino Romagnoli e Riccardo Riccardi del dipartimento di Pediatria dell’ateneo, che ricordano come ovunque nel mondo il pediatra segua anche l’adolescente. La proposta, a detta di molti, risulta, infatti, paradossale e sembra essere dettata più da esigenze economiche che della società. Delegare le problematiche affidate da sempre ai pediatri ai dottori di medicina generale, può essere un rischio. Il rapporto di fiducia che si crea con il pediatra, invece, è molto importante e meriterebbe la giusta attenzione da parte del Governo.
Photo Credit|ThinkStock