Se le diagnosi di dislessia sono molteplici, frettolose e spesso sbagliate, questo lo si deve anche al fatto che non è mai stata trovata una vera e propria causa, ma solo qualche ipotetico fattore di rischio. Un recente studio pubblicato sulla rivista Neuron però potrebbe cambiare il modo di vedere a questa condizione. La causa della dislessia potrebbe essere nella ricezione dei suoni.
La dislessia è una condizione a causa della quale un bambino può leggere o scrivere in modo sbagliato, invertire le parole o i nomi ed avere altri sintomi confusionali. Questa condizione relativamente comune (si pensa ne siano affetti il 5% dei bambini) è molto varia, ne esistono diversi sottotipi, i quali si suddividono a seconda delle difficoltà di elaborazione del cervello.
Lo studio, effettuato presso il Steven & Alexandra Cohen Children’s Medical Center di New York, in New Hyde Park, parte dalla rilevazione di alcuni studi di imaging che avevano mostrato come accadevano delle anomalie della elaborazione dei suoni nel cervello dei bambini affetti, in particolare nell’elaborazione dei suoni brevi. Questo studio “di partenza”, effettuato a Parigi, si era concentrato sul fenomeno del “campionamento”, cioè come il cervello risponde inizialmente ai suoni, in particolare ai fonemi, parti fondamentali del suono.
Partendo da qui, i ricercatori americani hanno notato come le persone affette da dislessia, confrontate con il gruppo di controllo di persone sane, mostravano delle anomalie nella corteccia uditiva sinistra del cervello, la quale reagisce in modo considerato “eccessivo” ai fonemi e ai ritmi con frequenza alta. Questo meccanismo interferisce con la memoria verbale, la quale poi sfocia nelle difficoltà di espressione note nella malattia.
I ricercatori comunque sottolineano che le anomalie cerebrali individuate in questo studio potrebbero essere solo un riflesso di altri problemi nella regione del cervello denominata cervelletto, il che renderebbe ancor più complesso il meccanismo della dislessia e di altre malattie collegate. Individuandone la causa, è questa la speranza dei ricercatori, si potrà agire più efficacemente in sede di terapia, ed aiutare chi ne è affetto a guarire nel minor tempo possibile.
[Fonte: Health24]
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