Sideremia e ferro sono sinonimi, poiché la sideremia indica appunto la concentrazione di ferro presente nel sangue. Ad essere basso, perciò non il ferro (metallo) ma la ferritina, una proteina che ha il compito di immagazzinare il ferro e di rilasciarlo in caso di necessità. In questo caso si parla di ferritinemia.
La differenza fra sideremia e ferritinemia, si riferisce a due forme di dosaggio del ferro nel siero. La ferritina sierica è una delle forme di ferritina (vi sono infatti ferritine tissutali quali quella epatica, splenica e del midollo osseo), la cui concentrazione nel sangue circolante è in stretta relazione ai depositi di ferro nell’organismo. Una carenza di ferro o di vitamina C costituiscono le cause più frequenti di diminuzione di questa proteina. La sideremia è la forma con la quale il ferro, derivato da integratori, alimenti, farmaci specifici, ecc. o mobilizzato dai depositi del metallo nell’organismo o tendente ad essi derivando da fonti “esterne”, circola nel plasma veicolato da una proteina di trasporto specifica, la transferrina.
I valori di riferimento della sideremia in gravidanza è di 20 – 150 ng/ml. Durante la gravidanza, però, può risultare leggermente più alto. Le cause della sideremia alta in gravidanza sono dovute all’aumento di fabbisogno di ferro che viene mobilizzato per essere veicolato nel plasma e da qui utilizzato per i fabbisogni tessutali specifici della madre e del feto e agli integratori di ferro o di acido folico (che fa immagazzinare più ferro) a far salire il valore della sideremia, ma in genere non è una condizione di cui preoccuparsi. È compito del medico stabilire se è preferibile sospendere l’uso degli integratori o meno.
La ferritina bassa in gravidanza è una condizione che si riscontra frequentemente, poiché la riduzione dei depositi di ferro è associata allo sviluppo del feto. In caso di ipofferritinemia (per una donna non incinta i valori normali della ferritina sono di 20-120 nanogrammi/ml) il medico può suggerire l’assunzione di integratori di ferro a partire dal 2° trimestre da associare ad un regime alimentare adeguato in modo che il feto si sviluppi in modo corretto sia dal punto di vista fisico che neurologico. La carenza di ferro, infatti, può comportare difficoltà di ossigenazione del feto, ma può avere anche conseguenze quali parto pretermine e nascita di neonati piccoli per l’età gestazionale (con peso e/o lunghezza e/o circonferenza del cranio alla nascita minori del 10° percentile relativo all’età gestazionale). Durante la gravidanza la dose di ferro raccomandata è di 30 mg. Tra gli alimenti più ricchi di ferro ci sono le uova, il pollo, gli spinaci, le lenticchie, i fiocchi d’avena, le prugne e le albicocche secche.
Al di là dei cibi con il più alto contenuto di ferro è importante anche abbinare correttamente gli alimenti, in modo da favorire il massimo assorbimento intestinale di questo prezioso oligoelemento. Gli esperti, infatti, suggeriscono di associare sempre i cibi ricchi di vitamina C che aumentano la biodisponibilità del ferro (la percentuale effettiva di ferro che il nostro organismo riesce ad assorbire ed utilizzare). In realtà anche l’acido citrico, gli aminoacidi e lo zucchero ne aumentano la biodisponibilità. Da evitare o comunque da limitare, invece, il tè e il caffè, che a causa dei tannini rendono difficoltosa l’assimilazione del ferro (si possono consumare 1 ora prima o dopo i pasti) e i cibi ricchi di calcio e fibre.
Di solito, durante la gravidanza, la sola alimentazione non basta a garantire i livelli richiesti di ferro e nel caso le analisi del sangue rivelassero valori di ferritina troppo bassi, il medico può prescrivere degli integratori come Ferrograd o similari, ma chiaramente non vanno mai assunti di propria iniziativa su suggerimento di amiche o di altre donne incinta.
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