La disperazione, a volte, spinge a compiere gesti estremi, come quello dell’uomo che si è incatenato davanti all’ingresso principale dell’ospedale di Chieti per chiedere giustizia per suo figlio, oggi 16enne, il quale subì gravi danni al momento della nascita. La Asl fu condannata nel 2010 al risarcimento per 3,5 milioni di euro, ma da allora non ha mai versato un solo centesimo alla famiglia del ragazzo.
La protesta di Sandro Diodati ha smosso qualcosa e sembra che la Asl si sia impegnata ad anticipare parte della somma versando un acconto. L’uomo si era incatenato davanti al policlinico di Chieti ieri mattina. Al collo un grosso cartello con la scritta: “Voi avete ridotto nostro figlio sulla sedia a rotelle per tutta la vita, senza sconti di pena. Grazie alla giustizia abbiamo vinto la causa contro di voi. Ma fino ad oggi nessuno paga, paghiamo solo noi! Cia avete tolto anche la possibilità di farlo curare in America. Grazie per averci donato questi anni di sacrifici. Anche se condannati voi ve ne fregate. Vergogna!”.
Il figlio, infatti, è affetto da una tetraparesi spastica ed è costretto all’invalidità totale. Chi è affetto da questo handicap, che rientra nel quadro della paralisi cerebrale infantile, presenta paralisi con irrigidimento muscolare, movimenti involontari, ipotonia, linguaggio ritardato, disturbi e ritardo dell’apprendimento, ritardo intellettuale, disturbi visivi (strabismo, tremolio dell’occhio) e deficit visivo. Dopo ore e ore di attesa Diodati ha finalmente potuto incontrare i vertici dell’ASL ed è stato raggiunto un accordo, che ha fatto rientrare la protesta.
È prevista, infatti, da parte dell’ASL l’erogazione di una somma a titolo di acconto, che consentirà al ragazzo di essere curato negli Stati Uniti. Questa vicenda mi fa rabbia, oltre al danno anche la beffa e mi chiedo perché la giustizia è diventata un’utopia. È mai possibile che una persona debba arrivare ad incatenarsi davanti ad un ospedale per ottenere ciò che gli spetta di diritto?
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