Meno infarti con l’ora solare? Sembrerebbe proprio di sì, almeno per ciò che riguarda il primo lunedì subito dopo la sistemazione delle lancette. Ad occuparsi di questo tema ed a darci spiegazioni in merito ci ha pensato uno studio del Karolinska Institute di Stoccolma, secondo il quale il cambio di orario e la conseguente ora di sonno in più potrebbero avere un ruolo chiave nella diminuzione del numero di infarti del 10%.
Anche alcuni esperti italiani sono della stessa opinione. E questo è dovuto al fatto che l’osservazione del manifestarsi di questi particolari eventi cardiovascolari ha mostrato avere un ritmo “settimanale” ed annuale. Ed il lunedì sembra essere proprio il giorno peggiore, quello nel quale l’incidenza degli episodi di infarto raggiunge il suo picco. Secondo gli studiosi questo sarebbe dovuto al fatto che in questo preciso giorno si “sommano” tre fattori di rischio considerati determinanti dagli specialisti: il dormire meno, il dormire in orari non consoni rispetto al nostro orologio biologico e lo stress tipico della ripresa di inizio settimana. Dagli addetti ai lavori viene tutto riassunto nel concetto di jetlag sociale: la realtà dei fatti è che l’organismo risulta essere più sensibile a livello cardiovascolare a causa del maggiore lavoro condotto dal sistema nervoso simpatico e dalla produzione di citochine.
Il discorso, sebbene nella sua accezione opposta, è valido anche allo scattare dell’ora legale. Con un inasprimento del numero di infarti. Secondo i ricercatori del Karolinska questi cambiamenti avrebbero maggiori effetti nelle persone già debilitata da patologie esistenti i cui cambiamenti di orario e quindi di ciclo circadiano potrebbero non solo in caso di minor sonno favorire eventi come l’infarto o l’ictus, ma addirittura rappresentare un fattore di rischio per la comparsa del diabete.
Nel caso dell’ora solare, potendo contare, almeno il primo giorno su quell’ora di sonno in più, la persona può usufruire di un beneficio per il proprio organismo che si traduce il lunedì successivo, in un numero più basso di eventi infausti cardiaci. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista di settore The New England Journal of Medicine.
Fonte | The New England Journal of Medicine
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