L’Aids è una malattia davvero subdola: il virus dell’Hiv è riapparso nei “pazienti di Boston” coloro che dopo un trapianto di midollo osseo mostrarono di non avere più nel sangue la presenza del virus. Un passo indietro notevole rispetto ad un traguardo che si pensava di aver raggiunto.
Da ciò che si evince la decisione dei medici di sospendere all’inizio del 2013 l’assunzione dei farmaci antiretrovirali si è rivelata tutt’altro che una buona mossa. Questa capacità del virus dell’Hiv di rendersi invisibile ovviamente apre scenari non positivi rispetto alla lotta alla malattia. Facciamo un passo indietro per ricordare la loro storia. I due pazienti sopracitati erano sieropositivi ed affetti da un linfoma. Presso il Brigham and Women’s Hospital sono stati sottoposti tra il 2008 ed il 2010 ad un trapianto di midollo osseo per curare questa forma tumorale dl sangue, Dopo un periodo di follow up di 8 mesi nessuno dei due pazienti presentava nel sangue il virus. E così i controlli successivi, fino ad arrivare all’inizio dell’anno appena trascorso, quando i medici decisero di sospendere la terapia definendo “guariti” i due pazienti.
Peccato però che attuata questa nuova strategia dopo una valutazione dei pro e dei contro, a circa 12 settimane dalla fine della terapia con i farmaci antiretrovirali e più precisamente tra agosto e novembre, è stata confermata definitivamente la ricomparsa del virus dell’Hiv nel sangue dei due pazienti. Ha commentato ufficialmente il prof. Timothy Henrich, uno dei ricercatori che in questi anni hanno lavorato sui due malati:
Il ritorno dell’Hiv su livelli rivelabili è una delusione, ma anche un’importante scoperta dal punto di vista scientifico. Abbiamo dimostrato che il virus agisce in maniera più profonda di quanto pensavamo prima. Adesso sappiamo che i nostri test non sono in grado di rilevare correttamente la completa scomparsa del virus e che l’Hiv può resistere in “serbatoi” esterni ai vasi sanguigni.
Di certo si tratta di un risultato deludente da un certo punto di vista, ma potrebbe rappresentare un punto di partenza per la messa a punto di test più precisi nella diagnosi.
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