Un documentario sull’Aids è stato censurato ieri nel Liceo Artistico Toschi di Parma, in Emilia Romagna. Una regione considerata illuminata ed evoluta, aperta ed attenta alle problematiche sociali, ma in positivo ed in negativo, è il caso di dire che non si può fare di tutt’erba un fascio. Il docu-film in questione è titolato “+o – il sesso confuso: racconti di mondi nell’era dell’aids” e racconta di 30 anni di storia della malattia attraverso i singoli protagonisti, reali, nel tentativo di comprendere dei “mondi” non troppo lontani che abitualmente si tende a non considerare.
La prevenzione dell‘infezione da hiv parte da questo, dalla consapevolezza della realtà, di una sessualità che esiste in varie forme e nell’uso di sostanze stupefacenti: fatti non legati necessariamente tra loro, ma presenti nel film perché principali mezzi di trasmissione dell’aids. E’ per l’alta qualità di impatto emotivo e realistico, oltre che per i contenuti e la finalità che il documentario è stato lungamente richiesto nelle scuole, da mostrare ai ragazzi, per stimolare un dibattito sulle tematiche correlate, per spiegare con esempi concreti cosa significano le droghe, l’omosessualità, la sessualità non protetta ed infine l’aids: i tabù italiani (e non solo).
L’informazione che arriva ai nostri adolescenti è sempre epurata, in qualche modo e dunque imperfetta, a tal punto che i loro dubbi, le ansie le paure e purtroppo gli errori che fanno nell’affrontare questi aspetti della vita sono sempre gli stessi. Del resto in televisione fa ancora scandalo parlare di preservativi ed il risultato è che le malattie venereee sono in aumento tra i giovanissimi. Ebbene cosa è accaduto a Parma? Su iniziativa della Videoteca dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna e della Der (Documentaristi Emilia Romagna), il video è stato proposto al Liceo in questione ed accettato dalla preside per i suoi alunni del secondo anno.
Come sempre sono stati invitati anche i registi Giulio Maria Corbelli ed Andrea Adriatico, che insieme agli studenti però hanno assistito ad un film mutilato di due scene portanti, senza essere preventivamente avvisati dei tagli fatti: l’esperienza del sesso e della droga a detta della preside, non poteva essere mostrata nella sua concretà realtà a dei ragazzi di seconda liceo (circa 15 anni). E’ questo il concetto della prevenzione che abbiamo nel nostro Paese? Ha spiegato Corbelli a Gay.it:
“Quando abbiamo avvisato i ragazzi dei tagli si sono arrabbiati per la censura preventiva, ma le domande e curiosità sull’Aids e sulle modalità di realizzazione del film non sono mancate. Insomma, alla fine mi rendo conto che sopravvive in certi settori della nostra Italia una cultura del ‘meglio che non se ne parli’ che, secondo me, è la vera colpevole della strage di Aids o delle epidemie di malattie a trasmissione sessuale, così come delle azioni di odio omofobico o dell’intolleranza in generale. Bisogna guardare in faccia le cose e conoscerle per poterle cambiare: impedire a dei ragazzi di fermarsi a riflettere su quali rischi potrebbero correre facendo sesso non protetto o consumando sostanze stupefacenti è solo un modo per aggravare i danni che ne potrebbero ricavare”.
Non si può che concordare. Ma personalmente sono anche una mamma e comprendo in qualche modo il desiderio di “protezione” che gli adulti possono avere. Ma è corretto? Del resto i nostri figli “lo fanno” come lo facevamo noi alla loro età. Involontariamente e bonariamente i nostri genitori censuravano, ma oggi la cultura è cambiata: se perseveriamo diventiamo consapevolmente ipocriti? A 15 anni la prevenzione sull’uso degli stupefacenti e sulle malattie veneree, aids compresa, si apprende di più con una lezione di scienze o con un documentario realistico?
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La trama del docu-film, su Film-Up