Scoprire la sclerosi laterale amiotrofica prima del manifestarsi dei sintomi e quindi possedere un arma in più contro il verificarsi di danni motori. Potrebbe essere possibile.
Ad illustrarlo, una ricerca condotta dalla Cancer Research UK insieme all’Istituto di Neurologia dell’University College di Londra e pubblicata sul Pnas, gli atti della National Academy of Science statunitense.
Tra i principali autori dello studio anche un italiano, il biologo e chimico Giampietro Schiavo, ormai da tempo impiegato presso l’istituto di ricerca inglese sul cancro.
Lo studio è stato condotto su un topo geneticamente modificato con la mutazione del gene SOD1, relativa alla scelerosi laterale amiotrofica di tipo familiare, la tipologia di SLA sulla quale si intendeva conoscere maggiori informazioni. Alla base della ricerca i danni che la malattia porta sul trasporto assonale degli esseri viventi, ovvero sulla capacità dei neuroni motori di trasmettere le informazioni alle cellule.
I risultati ottenuti hanno evidenziato che il deficit in questione si manifesta molto precocemente, ancor prima della comparsa dei sintomi.
Spiega il professor Schiavo:
Osservando nel topo sotto anestesia il trasporto che avviene all’interno di questo nervo abbiamo potuto quantificarlo e abbiamo visto che il danno, cioè una riduzione del trasporto, avviene già prima del 30esimo giorno di vita, quando l’animale non mostra alcun sintomo di malattia ed è perfettamente uguale agli altri topi sani.
Quello dei meccanismi di trasposto dei pacchetti di informazioni lungo gli assoni ed i neuroni motori è una branca da tempo messa sotto osservazione dai ricercatori. La letteratura a tal riguardo insegna che sia nella SLA che in molte malattie neurodegenerative questo meccanismo di trasporto subisce danni. Il team del professor Schiavo intendeva chiarire, con lo studio appena esposto, se si trattasse di un effetto o di una causa della malattia.
Il Cancer Research UK è ora al lavoro per mettere a punto un metodo che consenta la visualizzazione di questo processo anche nell’uomo. Sottolinea il professore:
Ora stiamo mettendo a punto una sonda utilizzabile usando la risonanza magnetica nucleare che potrebbe permettere l’osservazione di questo trasporto anche nell’uomo. Anche se la scienza è difficilmente predicibile con sicurezza, i primi risultati dovrebbero essere disponibili in un paio d’anni.
I maggiori problemi riscontrati riguardano le tecnologie della risonanza, un problema che i ricercatori contano di risolvere grazie all’eccellenza dell’ University College London nelle tecniche di imaging.
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