Un piccolo verme invertebrato (Cearnohabtidis elegans) sarebbe un efficace “sensore” per la diagnosi e la cura dell’amiloidosi cardiaca, un disturbo causato dai depositi di una proteina anomala (amiloide) nel tessuto cardiaco, che rendono difficile per il cuore lavorare correttamente. La scoperta è frutto di uno studio italiano condotto dal Dipartimento di Biochimica e Farmacologia Molecolare dell’Istituto Negri in collaborazione con il Centro per lo Studio e la Cura delle Amiloidosi Sistemiche del Policlinico San Matteo di Pavia. L’esito della ricerca è stato pubblicato sulla rivista Blood.
Questo piccolo invertebrato che ha permesso ai ricercatori italiani di sviluppare un modello animale innovativo per chiarire le cause del danno nei pazienti affetti da amiloidosi cardiaca è stato già protagonista di numerosi studi premiati con in Nobel per la medicina. Come ha spiegato l’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri:
L’amiloidosi da catene leggere delle immunoglobuline è causata da un tumore che colpisce le cellule del sangue e produce un’immunoglobulina monoclonale che si deposita progressivamente in numerosi organi, danneggiandoli gravemente. Il danno al cuore è quello più importante perché pesa maggiormente sulle prospettive di vita del paziente. Le conoscenze sulla cardiopatia da amiloidosi erano molto limitate per la mancanza di modelli animali.
Per quanto questo piccolo verme sia comparso 400 milioni di anni fa e sia molto distante dai vertebrati rappresenta un buon modello di studio delle malattie dell’uomo. I ricercatori, infatti, l’hanno usato per la prima volta per chiarire i meccanismi con cui le catene leggere delle immunoglobuline inducono cardiotossicità in quanto le cellule muscolari della faringe di C. elegans si contraggono in modo autonomo proprio come quelle del cuore umano. Gli esperti hanno osservato che le proteine che causano il danno cardiaco nei pazienti danneggiano in modo specifico la faringe del verme.
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