Gli antiaggreganti sono medicinali basilari per chi soffre di cardiopatie. Essi mantengono il sangue fluido evitando la formazione di coaguli di sangue. Ma cosa fare quando si ha la necessita di sottoporsi ad un intervento e vi è rischio di emorragia?
Sono moltissimi, circa 150 mila, gli italiani che ogni anni vengono sottoposti all’intervento di angioplastica e quindi al collocamento di uno stent nell’arteria coronarica. Esso è una molletta di acciaio chirurgico rivestita di farmaci necessaria per tenere aperto il vaso sanguigno. Questo tipo di operazione fa sì che il paziente debba assumere, per tutta la sua vita dei farmaci antiaggreganti (di solito aspirina + uno specifico, N.d.R:) per evitare soprattutto il primo anno che si manifesti quella conosciuta come trombosi di stent, capace di indurre la chiusura dello stesso.
Ovviamente in questo caso la terapia antiaggregante è un medicinale salvavita ma porta con sé un effetto collaterale non irrilevante: il sanguinamento chirurgico. E questo può essere valido per una cura dentistica come per qualsiasi altri intervento più o meno invasivo. Teoricamente si potrebbe sospendere la terapia in modo temporaneo, ma così si vi sarebbero maggiori possibilità di formazione di un trombo e di infarto.
Cosa fare in questo caso? Affidarsi alle cure degli specialisti. Attualmente, infatti, esiste un protocollo terapeutico messo a punto dal GISE, la Società Italiana di cardiologia interventistica e dalle Società Scientifiche dei chirurghi e degli Anestesisti, creato appositamente per misurare la necessità di sospensione o prosecuzione della terapia antiaggregante in base al rischio di emorragia del malato e del tipo di intervento. Questa procedura è attiva dal 2011 ed ha consentito di creare un registro prospettico sul tema in uso sia nel nostro paese che negli Stati Uniti che è stato recentemente presentato presso l’ultimo Congresso nazionale GISE. Come spiega il professor Giuseppe Musumeci, Presidente di quest’ultimo:
Abbiamo pubblicato le conclusioni e i nostri suggerimenti pratici su riviste nazionali e internazionali, tra cui Eurointervention, la rivista della società europea di cardiologia interventistica. Ma non solo: applicando queste linee guida ad oltre mille pazienti cardiopatici gestiti durante l’intervento chirurgico abbiamo istituito un Registro prospettico i cui risultati sono stati presentati al Congresso europeo di cardiologia interventistica a Parigi.
Questo documento potrà rappresentare la base di una revisione formale del protocollo attuale per aggiornare le linee guida del rischio chirurgico in base ai nuovi dati relativi proprio all’uso delle terapie antiaggreganti.
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