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Nuovo farmaco per il diabete di tipo 2: è l’empagliflozin

E’ arrivato parere positivo per l’utilizzo di empaglifozin per il trattamento dei pazienti adulti affetti da diabete di tipo 2. Il via libera è arrivato dall’Agenzia Europea del Farmaco. Un primo OK atteso da molti per la particolare azione del medicinale sull’organismo.

Ora bisogna solo attendere che venga rilasciato il consenso alla commercializzazione. Il comitato per i farmaci per uso umano dell’Agenzia Europea del Farmaco, dando il via libera all’empaglifozin farà in modo tale che per curare il diabete di tipo 2 si potrà agire sull’organismo a prescindere dalla funzionalità delle cellule beta pancreatiche e dalla resistenza insulinica. In poche sarà possibile tenere controllo in maniera adeguata la glicemia alta senza stressare troppo il paziente. Tutto ciò potrà essere possibile perché questo farmaco sperimentale è un inibitore del co-trasportatore sodio- glucosio di tipo 2.

Si tratta di una categoria di medicinali ancora in fase di test. La decisione definitiva dell’Agenzia Europea del Farmaco dovrebbe arrivare entro i prossimi due mesi.Sottolineano gli scienziati della casa farmaceutica che hanno messo a punto il farmaco:

Il parere positivo del CHMP ci avvicina all’ingresso sul mercato di una nuova potenziale opzione terapeutica per coloro che sono affetti da diabete di tipo 2 in Europa. Se verrà approvato, empagliflozin sarà il terzo prodotto frutto dell’alleanza fra Boehringer Ingelheim ed Eli Lilly and Company in Diabetologia ad essere approvato in Europa.

Statisticamente, è stimato che almeno 382 milioni di persone soffrano di diabete di tipo 1 e 2 in tutto il mondo. Numeri importantissimi. Il diabete di tipo 2 è quello più diffuso con una percentuale che si aggira intorno al 90% di tutti i malati. Riuscire a controllare la glicemia, nonostante le diverse terapie messe a disposizione dalla medicina tradizionale non è affatto semplice. L’empaglifozin potrebbe rivelarsi un vero asso nella manica da sfruttare con attenzione per ottenere buoni risultati anche in quei pazienti più difficili da gestire.

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