Un albero cavo nel villaggio di Meliandou, in Nuova Guinea. E’ questo quasi sicuramente il punto dove l’epidemia di ebola ha avuto inizio. Un bambino e dei pipistrelli malati, molto presumibilmente, hanno dato il via al più grande contagio della malattia mai verificatosi.
Gli scienziati, dopo diversi sopralluoghi ed esami pensano sia partita da quella cittadina la corsa del virus che ha portato alla morte migliaia di persone in Africa. Più precisamente da un albero di cola dove il bambino, considerato il paziente zero e morto nel dicembre del 2013, è andato a giocare con i suoi amici. Sono stati studiati tutte le specie di pipistrello presenti in colonie all’interno del grande albero appartenente alla famiglia delle Sterculiacee e con verosimiglianza è possibile asserire che uno di quei pipistrelli della frutta sia stato cagione del decesso del piccolo e dell’epidemia di ebola. Uno studio comprendente le analisi è stato pubblicato sulla rivista di settore EMBO Molecular Medicine.
Quel che dobbiamo ricordare è che l’ebola è un tipo di febbre emorragica zoonotica, ovvero trasmessa dagli animali infetti all’uomo. Alcuni ceppi di ebola hanno mostrato in passato di provenire da gorilla e scimpanzé, ma il vettore originale del virus ancora non è stato identificato con chiarezza. I pipistrelli della frutta vengono considerati quelli con maggiore possibilità come “untori” iniziali, perché cacciati come cibo e quindi sottoposti ad un maggiore contatto con l’uomo. Dai campioni analizzati e sottoposti a sperimentazione nel corso della ricerca, è stato possibile verificare come diverse specie siano in grado di sopravvivere al contagio e di come in almeno tre è stato possibile trovare frammenti del virus a livello dell’RNA. Non si può poi non tenere da conto che gli stessi pipistrelli sono anche vettori di rabbia e Mers.
Gli scienziati tedeschi che hanno condotto lo studio non sono però riusciti a provare che il virus derivasse dalla specie da loro catturate in zona anche se vicino al villaggio sono stati scoperti degli alberi cavi carbonizzati dove trovavano rifugio degli esemplari dalla lunga coda che i bambini di solito consumavano arrostiti. L’albero è stato dato alle fiamme nel marzo del 2014, portando con sé ogni possibile prova che ne avrebbe potuto sancirlo come l’origine dell’epidemia.
Photo Credit | Robert Koch Institute