Nel 2009 il mondo ha avuto a che fare con una terribile pandemia relativa all’influenza A, conosciuta anche sotto il nome del suo virus, H1N1. Secondo i ricercatori del Centro per il controllo delle Malattie di Atlanta (CDC) negli Stati Uniti i numeri reali, in contagi ma soprattutto in quanto a vittime, sarebbero decisamente più alti di quelli stimati in un primo momento. E non di poche unità. Si parla di numeri alti nell’ordine delle 15 volte in più. I calcoli, nella loro interezza, sono stati pubblicati in un articolo nella rivista di settore The Lancet. Nel 2010, primo anno a seguito della pandemia, era stato calcolato dai laboratori di tutto il mondo, un numero di decessi pari a 18.500. Secondo i nuovi conteggi, basati su un modello matematico che tiene conto anche dei dati di dodici paesi a diverso tenore di vita rispetto a quello dei paesi sviluppati, i morti causati dal virus influenzale si staglierebbero tra i 151mila ed i 500mila. Nello specifico si parla di una forchetta che va dai 151.700 fino ai 575.40=: un dato molto più alto rispetto a quelli ufficiali e che vorrebbe il 59% dei decessi concentrati in Asia ed Africa, i paesi rimasti “fuori” quasi completamente dalla prima valutazione. Commenta il dott. Giovanni Rezza dell’Istituto Superiore di sanità in merito all’H1N1:
Questi numeri non sono ancora da considerare preoccupanti, ma sfatano il mito secondo cui la cosiddetta influenza suina era meno pericolosa di quella stagionale. La verità è che anche l’influenza da H1N1 era pericolosa, e l’unico fattore che ha tenuto basso il numero dei casi è che non ha colpito gli anziani, che probabilmente erano protetti dal fatto che un virus simile era già circolato nei decenni passati.
Questi dati, ad ogni modo, confermano l’importanza della vaccinazione come approccio teraputico: una immunizzazione pregressa, specialmente nelle categorie a rischio, da modo di prevenire conseguenze fatali a seguito del contagio. Fonte: The Lancet Photo Credit | Thinkstock