Il decreto sulle liberalizzazioni, da oggi effettivo, ma i farmacisti non ci stanno e confermano la serrata. Sciopero in tutta Italia il prossimo 1° febbraio. Spontaneo chiedersi: perché? Con molto stupore, tutti noi nel week end avevamo scoperto che il capitolo riguardante la libera vendita dei farmaci in fascia C (ricetta bianca a totale carico del cittadino / paziente) fuori dalle farmacie era stato abolito. Il Ministro per la salute Renato Balduzzi si era così espresso al riguardo:
“Ragioni di carattere tecnico ci hanno sconsigliato di seguire la strada”.
Per molti cittadini si è trattato di una vittoria della “casta dei farmacisti” che tanto aveva protestato per questa eventualità. Eppure lo sciopero è confermato, perché convalidate le altre norme (benché con piccole modifiche ad un paio di commi rispetto alla bozza originale) circa l’apertura di nuove strutture, che la Federfarma ha definito “incoerenti e squilibrate”. Ma vediamo nel dettaglio qali sono i cambiamenti per i farmacisti ( e forse per noi cittadini).
Sul fronte delle liberalizzazioni e dunque circa la possibilità di concorrenza economica volta all’abbassamento dei prezzi e soprattutto allo sviluppo di presunti nuovi posti di lavoro (la “crescita” tanto agognata), il decreto prevede l’apertura di circa 5.000 nuove farmacie seguite ad un grande concorso straordinario a cui potranno accedere tutti i farmacisti non titolari, quindi nuove licenze. Ovvero noi cittadini avremo diritto ad una farmacia ogni 3.000 abitanti. Previsti anche:
“… poteri sostitutivi del governo nel caso in cui i tempi del decreto per l’ampliamento della pianta organica delle farmacie non dovessero essere rispettati”.
Il decreto stabilisce inoltre orari più ampli per l’apertura degli esercizi di vendita, lo sconto anche per farmaci in fascia A (ricetta rossa) se pagati direttamente dal cittadino (a volte effettivamente il medicinale costa meno del ticket – partecipazione alle spese con il SSN) ed incentivi per coprire la carenza di farmacie nei piccoli centri locali, a favore dei cittadini. Di particolare interesse per i consumatori anche una norma atta a promuovere l’utilizzo dei farmaci generici. Il medico dovrà indicare sulla prescrizione la dicitura “sostituibile con equivalente generico”, o “non sostituibile” ed in mancanza di questa il farmacista sarà tenuto a fornire il prodotto equivalente e più economico, a meno che non vi sia esplicita richiesta del paziente.
Infine è prevista l’istituzione di un fondo di solidarietà Enpaf. Visto da comune cittadina, mi sembra un reimpasto della situazione che un pochino toglie ed altrettanto restituisce, ma come abbiamo visto in precedenza, quando si è iniziato a parlare di liberalizzazioni, la questione è piuttosto complessa. Secondo Federfarma (federazione nazionale unitaria titolari di farmacia) con oltre 18.000 iscritti, si rischia di peggiorare la situazione. La presidente Annarosa Racca ha affermato che
“la riforma del sistema deve essere sostenibile nell’interesse della salute dei cittadini e che le norme previste dal decreto rischiano di polverizzare un servizio che funziona ed è apprezzato dagli utenti”.
Si paventa cioè il rischio che un troppo alto numero di farmacie, vada a discapito degli esercizi singoli e dunque poi sul cittadino e sullo stato dell’occupazione generale: un’eccessiva concorrenza (in fatto di numeri) può portare a chiusura e perdita dei posti di lavoro. Specialmente nei comuni con pochi abitanti.
Il tutto non è piaciuto neppure ai rappresentanti delle parafarmacie, che se avevano brindato all’acquisizione della vendita dei farmaci in fascia C, ora negata, con altre nuove 5.000 licenze rischiano di chiudere i battenti definitivamente. La situazione è veramente complicata. Da qui lo sciopero.
Qui, il testo del decreto con i capitoli riguardanti le farmacie.