Oggi si celebra la Giornata Mondiale della sindrome di Down, istituita nel novembre scorso dall’ONU il 21 marzo. La scelta della data non è casuale, questa malattia, infatti, è dovuta a un’anomalia genetica, 1 cromosoma in più (3 invece di 2) nella coppia n. 21. L’iniziativa è stata promossa dal Coordinamento nazionale delle associazioni CoorDown, in collaborazione con altri partner e mira a sensibilizzare l’opinione pubblica verso il tema della disabilità.
In Italia, le persone affette dalla sindrome di Down sono più di 38 mila, molti, dopo la scuola, frequentano corsi di specializzazione, fanno stage, ma l’integrazione finisce qui. Quando cercano un lavoro, infatti, devono fare i conti con i luoghi comuni e pregiudizi, che nascono solo dove regna la mancanza di conoscenza.
Personalmente, ho avuto la fortuna di conoscere un ragazzo Down, era nella mia classe delle superiori. Ancora oggi lo ricordo con affetto, Mauro, dispensava baci e abbracci a tutti. Un giorno, durante la pausa, si chiuse la testa sul banco con le sue grandi mani, e scoppiò a piangere. Disse che era troppo felice di stare nella nostra classe perché si sentiva amato. Straordinario.
In occasione di questa giornata speciale, alcuni marchi nazionali e internazionali hanno realizzato una versione alternativa delle classiche campagne pubblicitarie, dove gli attori degli spot originali sono sostituiti da attori con sindrome di Down.
Come ha spiegato Sergio Silvestre, coordinatore nazionale di CoorDown:
Sul tema dell’inclusione c’è ancora molto da fare, soprattutto in ambito lavorativo e scolastico, a partire dai pregiudizi delle persone. Le persone con sindrome di Down hanno il diritto di esprimere le loro capacità e di avere le stesse opportunità di chiunque altro, invece troppo spesso sono considerati diversi e incapaci di condurre una vita autonoma. Questa campagna è un esempio eccezionale, ma speriamo che possa diventare l’esempio normale ogni giorno.
L’integrazione, infatti, non è possibile solo negli spot, ma anche nella vita reale. La diversità non è da discriminare, ma da considerare un valore.
Via|CoorDown Onlus