Riflettere se un bambino ha gli occhi di mamma o papà può sembrare inutile, ma sapere che alcuni geni provengono da un genitore piuttosto che dall’altro può predire il rischio di qualche malattia. Alcune varianti sono anche a due facce, cioè il rischio viene potenziato se proviene da entrambi i genitori.
E’ già noto che la variante dello stesso gene può comportarsi in modo diverso a seconda di quale dei genitori proviene, a causa di un processo chiamato imprinting, il quale determina quali dei geni di un genitore sono espressi nel bambino. Ora, un team guidato da Kari Stefánsson del deCODE genetics di Reykjavik, in Islanda, ha esaminato centinaia di migliaia di singole variazioni delle lettere del DNA per esaminare come l’imprinting influenzi il rischio di malattia. Per 38.000 islandesi, il suo team ha determinato se queste variazioni siano venute dalla madre o dal padre, e ha cercato correlazioni con le malattie.
I ricercatori hanno individuato almeno cinque varianti della correlazione con una certa malattia che dipendevano dal fatto che il gene fosse materno o paterno. Uno studio precedente, che non ha preso in considerazione l’influenza dei genitori, aveva rilevato una variante sul cromosoma 11, che faceva aumentare il rischio di cancro al seno del 7%. Lo studio di Stefánsson mostra che nel gruppo controllato infatti il rischio aumentava del 17% se il gene veniva ereditato dal padre, ma proteggeva contro la malattia, se proveniva dalla madre.
Il team ha anche scoperto che la malattia era legata a varianti che altri studi non avevano considerato. Una di queste era l’aumento del rischio di una persona di contrarre il diabete di tipo 2 del 41%, ma solo se lo ereditava dal padre.
Stiamo cercando le varianti più comuni della malattia di base, e questo ne è un esempio
ha spiegato Stefánsson. Con la scoperta di queste variazioni nascoste, i ricercatori dovrebbero essere in grado di spiegare meglio le difficoltà di trovare componenti genetiche per malattie come i disturbi mentali, ha detto Randy Jirtle, un epigenetista presso la Duke University di Durham, North Carolina, che ha affermato:
Questo documento porta alla ribalta l’importanza reale dell’imprinting genomico nella predisposizione alla malattia, che ci manca da un sacco di tempo.
[Fonte: New Scientist]