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Cellule staminali: cade limite di età per trapianto allogenico

 Limiti di età ai trapianti di cellule staminali di tipo allogenico? Ora non più. L’età anagrafica non potrà più essere una delle basi sulle quali decidere se un malato è sottoponibile a questo particolare tipo di trapianto di cellule. Molti studi hanno nel corso degli anni portato la medicina a superare la soglia dei 55 anni . Ora una ricerca ci spiega che tale limite di età può essere tranquillamente spostato intorno ai 75 anni.

Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Jama dagli scienziati del Fred Hutchinson Cancer Research Center negli Stati Uniti, un malato affetto da tumore del sangue può sopportare senza particolari effetti collaterali un mini trapianto allogenico.  I ricercatori hanno analizzato i dati di 372 pazienti con una neoplasia del sangue sottoposti dal 1998 al 2008 a questa procedura  in via sperimentale. Ed i risultati hanno aperto buone speranze in merito alle capacità di tolleranza dei malati nei confronti della tecnica operatoria.

Il tutto sta nella “grandezza del trapianto. Commenta il dott. Robin Foà,  professore di Ematologia e direttore del Centro di Ematologia all’Università Sapienza di Roma:

Il trapianto allogenico di cellule staminali è un potenziale salvavita per molte forme di tumore del sangue, ma fino a non molti anni fa era un trattamento troppo “pesante” per un ultracinquantenne.  Un vero problema visto che molte di queste neoplasie colpiscono soprattutto in età avanzata e la popolazione invecchia. E il trapianto era precluso proprio ai malati più numerosi, quelli con più di 60 anni.

I ricercatori statunitensi, coordinati dal dott. Mohamed Sorror, hanno scoperto, incrociando i dati in loro possesso, che in quanto a sopravvivenza alla procedura di immissione delle staminali, a fare la vera differenza non è l’età del paziente, quanto l’aggressività della malattia unite a tutta una serie di patologie concomitanti che rendono più difficile sopportare la chemioterapie e la radioterapia. La sopravvivenza a cinque anni dei malati è stata pari al 35% e quella libera da progressione della malattia del 32%.

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Fonte: Corriere della Sera