È tempo di appendere i bisturi al chiodo o almeno così sembra grazie all’oncologia interventistica, una branca giovanissima della medicina, ma anche molto promettente, che consente di operare i tumori con l’ausilio delle sole onde elettromagnetiche (radiofrequenza, microonde, vibrazioni elettromagnetiche, ecc.) senza cicatrici e con costi e ricoveri ridotti rispetto alla chirurgia classica. Vediamo meglio insieme di cosa si tratta.
L’oncologia interventistica è nata circa 30 anni fa, ma nella pratica clinica è arrivata di fatto non più di 10 anni fa. L’Italia ci ha sempre creduto e proprio in questi giorni a Cernobbio si è tenuto il più importante congresso mondiale sul tema. Come funziona l’oncologia interventistica? In sostanza viene inserita nel cancro una sonda-elettrodo, che emana delle radiofrequenze, le quali una volta a contatto con il tessuto tumorale produce un calore molto elevato fino a bruciare le cellule circostanti ed uccidendole.
Come ha spiegato Luigi Solbiati, organizzatore del congresso di Cernobbio e Direttore della Radiologia Interventistica Oncologica dell’Azienda Ospedaliera di Busto Arsizio:
All’inizio riuscivamo a trattare lesioni minime, ma in pochi anni siamo passati dall’eliminare noduli del diametro di un centimetro a trattare lesioni di 4-5 centimetri. Negli ultimi 10 anni l’esperienza è aumentata tantissimo in tutto il mondo. Nel caso dell’epatocarcinoma i pazienti trattati sono già decine di migliaia e la termoablazione con radiofrequenza è ufficialmente inserita fra le terapie da praticare nelle linee guida di molte società scientifiche.
Oltre alle radiofrequenze sono utilizzate anche le microonde e la crioablazione per il trattamento mini-invasivo di metastasi epatiche, per tumori del rene entro i 3 centimetri e, nel polmone, per tumori primitivi e metastasi di piccole dimensioni. Esistono, inoltre, numerosi campi in cui l’impiego dell’oncologia interventistica è molto promettente. Come sottolinea Solbiati, per capire se tale metodo può essere utile nel singolo caso è importante considerare diversi aspetti, dalle caratteristiche e dimensioni del tumore al numero di noduli da eliminare. Se i “bersagli”, infatti, sono grandi (superiori ai 2 cm) o numerosi (più di 5 noduli) tale terapia è sconsigliabile.
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