L’autismo è una malattia molto difficile da comprendere ed altrettanto complicata da tenere sotto controllo. La ricerca è alla continua esplorazione di fattori che possano aiutare a mettere a punto una qualsiasi terapia valida. Secondo i ricercatori della Columbia University Medical Center bambini e adolescenti autistici avrebbero un maggior numero di sinapsi cerebrali.
Teoricamente un numero buono di sinapsi sarebbe considerato come positivo, ma un eccesso, secondo gli scienziati, potrebbe portare ad un caos nell’attività del cervello difficile da gestire. Molti esperti hanno fatto l’esempio di una pianta non potata. Se non viene fatta la giusta manutenzione, la stessa non fiorisce e non fruttifica adeguatamente. Ed allo stesso modo, secondo la ricerca condotta negli Stati Uniti, se le sinapsi sono troppe si forma una sorta di rallentamento nelle funzioni cerebrali che porterebbe i bambini affetti da autismo a comportarsi in modo particolare. Commenta il professor David Sulzer, coordinatore della ricerca:
È la prima volta che qualcuno ha cercato e visto la mancanza di potatura durante lo sviluppo dei bambini con autismo, anche se i numeri più bassi di sinapsi in alcune aree del cervello sono stati rilevati nei cervelli di pazienti anziani e nei topi con comportamenti autistico-simili.
I risultati ottenuti hanno dato modo ai ricercatori di testare su modello murino un farmaco in grado di ripristinare la naturale “potatura sinaptica” ottenendo dei dati interessanti. Gli scienziati hanno utilizzato la rapamicina o Sirolimus, un immunosoppressore di solito utilizzato in seguito ad un trapianto per evitare il rigetto e per il momento la terapia sembra funzionare, riuscendo a ripristinare nei topi l‘autofagia anche se somministrato dopo un lungo periodo dall’instaurazione dei comportamenti autistici.
La speranza dei ricercatori è quella di riuscire a sviluppare un medicinale efficace per gli esseri umani, eticamente accettabile e che possa rendere curabile l’autismo anche per le persone. Quel che appare certo è che tale studio, pubblicato sulla rivista di settore Neuron, abbia aperto la strada ad una nuova comprensione della malattia.
Photo Credit | Thinkstock